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Diamanti e lampadine – di Gabriella Bernardi

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La storia di Alessandro Cruto

di Gabriella Bernardi

Questa storia vera ebbe inizio nel 1847, un anno importante per la stirpe degli inventori perché a Milan (in Ohio) nacque Thomas Edison, a Livorno Piemonte nacque Galileo Ferraris, e a Piossasco nacque Alessandro Cruto. È probabile che quest’ultimo nome non ci faccia venire in mente le lampadine, perché a scuola abbiamo imparato che furono inventate proprio da Edison e molti ancora ignorano che a renderle davvero utilizzabili fu proprio Cruto. Fu infatti il nostro inventore a ideare e produrre un filamento di grafite purissima, dal coefficiente di resistenza positivo, ovvero che aumenta all’aumentare della temperatura, consentendo così alla lampadina di far luce per cinquecento ore contro le misere quaranta delle lampadine di Edison.
L’illuminazione, è proprio il caso di dirlo, venne a Cruto durante una conferenza nella quale il professore Galileo Ferraris, suo coetaneo e altro grande scienziato italiano, scopritore del campo magnetico rotante e realizzatore dei primi motori elettrici a corrente alternata, sostenne che gli studi sulle lampade a incandescenza non avrebbero portato a grandi risultati, liquidandoli con un piemontesissimo “Tute bale!”. Un grande “elettricista” Ferraris, ma sulle lampadine non ci azzeccò molto… e per fortuna nostra. Per smentire quello sferzante commento, Cruto si buttò a capofitto nelle ricerche.
Quest’avventura aveva avuto inizio molto tempo prima, quando faceva il muratore, come suo padre, ma con una passione per la chimica e per la fisica, talmente grande da spingerlo fino a Torino, per fargli seguire lezioni alla Regia Università. I suoi esperimenti si svolgevano in un laboratorio a Piossasco, ma alcuni erano fatti anche sul monte San Giorgio, soprattutto quelli sulla cristallizzazione del carbonio per fabbricare diamanti.
All’epoca, paesi come Piossasco ed Alpignano avevano circa 3500 abitanti, quasi tutti contadini, e l’illuminazione avveniva con lampade a gas al cui funzionamento e accensione  provvedeva un incaricato del Comune. Solo poche abitazioni, il Municipio e alcune botteghe disponevano di illuminazione interna, tutti gli altri avevano a disposizione il focolare, le candele e le piccole lucerne ad olio. Ovviamente Cruto era considerato dai concittadini come uno stravagante, soprattutto quando smise di fare il muratore per potersi immergere completamente nei suoi esperimenti, che all’inizio miravano alla produzione dei diamanti artificiali. Ottenne delle forme cristallizzate molto dure e resistenti, ma non era quello che cercava.
Ebbe più fortuna sul fronte delle lampadine, tanto che il 16 maggio 1883 Cruto illuminò con le proprie lampade il centro di Piossasco, che divenne così la prima città d’Italia ad essere illuminata con lampade ad incandescenza (prima, oltre alle lampade a gas, si usavano lampade dette ad arco perché si basavano sul principio dell’arco elettrico).
Ma in cosa consisteva la sua miglioria? Dai suoi scritti sappiamo che per realizzare la sua lampadina si prendeva un sottile filamento di platino e lo si rendeva incandescente, tramite corrente elettrica, in un recipiente di vetro con un’atmosfera di gas contenenti carbonio finché non si formava sulla superficie del filamento uno strato di carbonio. Si elevava ancora la temperatura del filamento fino ad ottenere l’eliminazione del filo di platino che passava allo stato gassoso. Rimaneva così un sottile, minuscolo e flessibile tubicino di carbonio che poteva essere piegato ad arco e introdotto nel bulbo di vetro della lampadina. I problemi maggiori erano creare il vuoto all’interno dei bulbi di vetro e l’alimentazione elettrica, ma anche questi vennero superati e finalmente il 4 marzo 1880, nel laboratorio di fisica della Regia Università di Torino, Cruto riuscì ad ottenere i primi buoni risultati accendendo, seppur per poco tempo, la sua prima lampadina elettrica. Possiamo solo immaginare che emozione produsse nell’inventore in quegli istanti il vedere per primo quella luce dopo tanti anni, tante delusioni e tanti sacrifici personali.
Le lampade di Cruto erano adatte soprattutto a illuminare locali pubblici e officine, e infatti, dopo un’ulteriore dimostrazione in Piazza Carlo Felice a Torino vennero realizzati diversi impianti nelle fabbriche. Un’innovazione epocale, che determinò importanti cambiamenti nello stile di vita: ad esempio, l’introduzione dei turni di notte nelle fabbriche. Ma pure la vita sociale, il divertimento, la sanità, i trasporti beneficiarono della sua invenzione: furono elettrificati il Teatro Regio di Torino, l’ospedale di Le Havre in Francia, un treno alla stazione di Aosta e, nel 1887, l’impianto fisso di illuminazione pubblica ad Alpignano. In pochi anni, quel piccolo filamento più resistente fu in grado di cambiare la vita di molti.
Cruto ottenne riconoscimenti all’Esposizione Internazionale sull’Elettricità di Monaco di Baviera nel 1882 e anche all’Esposizione di Torino dato che la sua lampadina era particolarmente apprezzata per la qualità del filamento che permetteva di produrre una luce bianca, di durare fino a 500 ore, di non avere costi eccessivi e di resistere meglio delle altre ad urti o vibrazioni.
Il problema principale di Cruto non fu certo la mancanza di idee e la dedizione al perfezionamento della sua invenzione. L’ostacolo fu la difficoltà di trovare capitali per proseguire gli esperimenti e  avviare la produzione su scala industriale. Con alcuni soci costituì nel 1882 una Società di produzione di lampade con il “sistema Cruto”, produzione che aumentò fino a raggiungere le mille lampade al giorno.
Essendo un inventore e non un industriale, Cruto era interessato soprattutto alla parte scientifica e sperimentale, e dal 1889 si concentrò soprattutto sulla ricerca, per esempio su come realizzare le fontane luminose o come regolare l’intensità della luce e la cristallizzazione del carbonio.
La concorrenza con Edison e altri che facevano gli stessi esperimenti in condizioni economiche più tranquille e floride divenne pressante ed anche spietata, impossibile da sostenere da soli o con non fidati soci. Così, nonostante la maggior efficienza del suo filamento, il merito di Cruto non venne debitamente riconosciuto e la sua fabbrica di lampadine, sorta nella cintura di Torino ad Alpignano, fu assorbita niente meno che dall’olandese Philips.
Cruto morì l’anno prima che si introducesse l’uso del tungsteno come filamento per lampade – cioè il materiale usato fino all’arrivo delle lampade a basso consumo. Anche se oggi ad Alpignano si trova un museo per ricordare questo modesto, caparbio e “illuminante” inventore, la sua storia è l’ennesima dimostrazione di quanto la genialità e l’iniziativa nostrane non siano tutelate e sostenute in patria.

 

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