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Il mondo in un giardino – di Federico Carle

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Dall’uva più vecchia del pianeta al giardino di aromatiche più grande d’Europa: Casa Zuccala, una villa museo a Marentino, tutta da scoprire

di Federico Carle

carleingressoA Marentino, piccolo borgo a trenta minuti da Torino ai confini con la collina astigiana, sorge una villa storica del Seicento che vanta la più importante collezione di erbe aromatiche d’Europa. Già proprio così: una casa museo gestita dall’associazione culturale Casa Zuccala che mira alla conservazione del patrimonio piemontese in tutti i suoi aspetti. I Zuccala la abitarono dal XVI secolo fino alla metà Ottocento, poi l’edificio venne donato alla Piccola casa della divina provvidenza di Torino, ma visto l’inutilizzo e l’abbandono si decise di venderlo agli attuali proprietari, la famiglia Vanetti.
In particolare è stata la passione, e forse il pizzico di follia, del professor Guido Vanetti a rendere possibile il progetto della casa museo, iniziato nel 2001. Una duplice peculiarità per questa “vigna”, nome col quale erano chiamate le residenze di campagna delle famiglie borghesi piemontesi tra Seicento e Ottocento. All’interno, nelle sue ventidue sale, è ospitato il Museo dell’arredamento borghese della Provincia sabauda.
Ma all’esterno c’è la vera eccellenza: un enorme giardino di piante aromatiche che si sviluppa sulla collina su cui la villa è adagiata. “È il più grande d’Italia per varietà di specie, commenta Vanetti, professore di Lettere in pensione, nonché il più ricco d’Europa, secondo le nostre ricerche”. Lo dice così, quasi en passant, come se fosse una cosa come le altre, un dato poco importante; ma il contatore all’ingresso parla chiaro: “Ecco, qui ogni mattina aggiorniamo il numero esatto di specie diverse presenti nel giardino. Oggi siamo a 941”.
Il professore conosce per filo e per segno ogni loro storia, come una figlia. È lui stesso a metterci le mani: “Il numero cambia in funzione della stagionalità e del loro naturale ciclo di vita”.
Sono tredici i settori, diciannove le aree tematiche vere e proprie: si va dal Labirinto delle mente, all’Aiuola delle salvie; dalle Lavande alla Balconata, verso i Basilici e i Rosmarini. Sono 177 le varietà di peperoni nella Peperonia che confina col Giardino dei tavolieri e col settore delle Genziane, Artemisie e Ombrellifere. Proseguendo si scende sul dorso della collina con l’Orto delle labiate e il cosiddetto Bosco. Lì anche l’Orto della strega, la Zona relax, il Frutteto e l’Orto inferiore verso il Viale dei piccoli frutti.
Ultimo, ma forse il più importante, è lo spazio delle Viti storiche. Sì, perché anche qui Casa Zuccala vanta un primato, e che primato: “Abbiamo la vite domestica produttiva più vecchia che si conosca al mondo: è dei primi dell’Ottocento, ed è la comune uva da tavola Luglienga. Ce n’è una così antica anche in Afghanistan, ma quella è selvatica”, dice il professore sempre facendo sembrare la cosa “normale”. Ma se si è sensibili un brivido d’emozione corre, perché quella pianta c’era già prima che l’Italia nascesse – se ci pensiamo – e ha dato i suoi frutti ogni anno a chissà quante persone diverse. Un vite oggi sotto stretto vincolo e osservazione del Cnr.
Poco più in là, a ridosso della scala, troviamo altre viti storiche risalenti però al 1861: sono vitigni Malbec e Cari (o Pelaverga), un tempo molto diffusi nel Torinese. Che meraviglia, insomma: forse è la sindrome del giardino dell’Eden quella che fa capire quanto davvero sia importante e variegato il patrimonio della flora sul nostro pianeta, in particolare quello delle piante aromatiche.
Ma, in fondo, cosa sono queste piante aromatiche? “Piante utili all’uomo, spiega Vanetti, anche se la definizione di aromatica è articolata: si va dalle piante commestibili in senso stretto, a quelle velenose – perché anche quelle sono aromatiche – per poi passare a quelle ornamentali o con funzione terapeutica. E ancora quelle con proprietà utili per una certa funzione, le più diverse. Perché aromatiche sono certamente anche quelle che ci danno gli aromi, e cioè i profumi, gli oli essenziali, le fibre o gli amidi, come addensanti (come la sorbola, da cui il sorbetto)”.
Addentriamoci dunque nel giardino, facciamoci raccontare qualche storia curiosa, facciamola crescere…
Ecco, questo è il Dittamo tipico delle zone arabiche. È la pianta che produce la maggior quantità di olio essenziale di tutte le altre, anche se non ha profumo. A cosa serve? Serve per allontanare gli insetti, perché per loro è irritante e siccome ne viene prodotto tantissimo, fuoriesce dalle foglie circondando la pianta come una nube. Ma dato che è ricco di idrocarburi, nelle zone molto calde, a contatto col sole si incendia spontaneamente e crea una bellissima fiamma azzurrina. Voilà, vi presento il roveto ardente della Bibbia! Quello che vide Mosè sul Sinai: lui veniva dall’Egitto, e là non ci sono… Non me ne vogliate, ma questa potrebbe essere una spiegazione scientifica plausibile del roveto ardente delle Sacre scritture, che bruciava senza bruciare… e che parlava! Già, perché il gas prodotto dalla combustione è leggermente allucinogeno, quindi tutto è possibile…”.
Sempre per rimanere in tema, eccone un’altra: “Qui troviamo l’Ornello, una varietà del Frassino Orno, coltivato ancora oggi in qualche zona della Sicilia. Se si incide il tronco, emette un siero che a contatto con l’aria si solidifica e passa da grigio a bianco. È la famosa manna, o mannite, usata da noi come blando lassativo o dolcificante. Nelle zone molto calde il siero viene emanato anche dalle foglie per trasudazione e si solidifica sullo stelo, in equilibrio precario. Basta un colpo d’aria per far staccare questi pezzetti di manna molto leggeri, e farli volare. Ecco probabilmente la manna caduta dal cielo di cui gli ebrei hanno mangiato nel deserto durante l’Esodo per quarant’anni. Questa è la spiegazione, certo poi bisogna capire come si possa vivere per quarant’anni cibandosi solo di un lassativo… (ride).
Ancora un racconto “religioso” arriva dal professore: “Vedete ora invece l’Agnocasto, il famoso tè dei Carmelitani. Erano soliti berlo perché rendeva casti i novizi e teneva a bada in generale le pulsioni sessuali dei monaci. È dimostrato agisca sugli ormoni della libido”.
Non solo curiosità però, nel giardino di Casa Zuccala anche la volontà di riscoprire piante per scopi concreti, per proporre soluzioni ad alcuni importanti problemi dell’umanità. Per esempio, la fame nel mondo: “Una volontà politica scellerata ci ha fatto dimenticare l’Amaranto: gli Aztechi usavano già i suoi semi per farne farina, per mangiarli nelle minestre e per offrirli alle divinità, visto che ne avevano a palate. Potrebbe essere la soluzione per combattere le carestie, la malnutrizione, perché non ha nemici e si diffonde con facilità. Inoltre ogni pianta ha moltissimi semi: miliardi, per davvero. Hernàn Cortés arrivò nelle Americhe e si accorse della sua bontà, tuttavia siccome i gesuiti al seguito degli spagnoli vedevano tutta la cultura indigena come sacrilega, vollero vietare ogni coltivazione ed esportazione di prodotti locali, pena la condanna a morte. Ecco che la pianta venne dimenticata; solo alcuni popoli asiatici la mantennero. Oggi loro la utilizzano per estrarne dei coloranti. La denominazione del colore, infatti, deriva dai suoi fiori. È molto bella oltretutto, e non sfiorisce: “amaranthus” vuol dire proprio questo. Alcune, poi, fanno delle simpatiche composizioni spontanee che assomigliano alla testa di un elefante (questo è anche il nome della sua varietà): orecchie, proboscide e zanne. Carina, no?”.
Ma ancora problemi, e possibili soluzioni: “La questione dei costi della dissalazione dell’acqua, bene: vi presento l’Atriplex hortensis, che un tempo era diffusa naturalmente su tutte le nostre coste, ma che oggi ha patito la cementificazione selvaggia. È un dissalatore naturale: se a monte la si mette, a valle si avrà acqua dolce per irrigare le coltivazioni agricole, per esempio. Non solo, perché prende naturalmente persino il sale nei terreni, ed è commestibile”.
Insomma in tempi di iperesposizioni gastronomiche e di “Terra Madre”, sarebbe anche opportuno cercare di ricoprire quelle “piante madri” che sono la storia della nostra cultura e la cultura della Storia delle migliaia di popolazioni sparse sul pianeta.
Per questo il lavoro di Guido Vanetti assomiglia a quello di un archeologo che radicato sulla sua collina trattiene la sapienza, come le sue piante trattengono il terreno sul precipizio, senza farlo cadere.
Sono queste anche le radici della nostra cultura; vogliamole riscoprire. Vogliamolo ricordare.
Per informazioni e visite: www.casazuccala.it

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