Enter your email Address

Lucio, Tullio, Marco, Atilio – di Generoso Urciuoli

0

Chi erano gli abitanti di Augusta Taurinorum?

di Generoso Urciuoli

Chi erano gli abitanti di Torino nei primi secoli dell’era volgare quando il piccolo centro fondato dall’imperatore Augusto si chiamava Augusta Taurinorum? Cosa facevano questi “torinesi romani”? Come si chiamavano? Per non rispondere in maniera cacofonica con un semplice “boh”, si potrebbe ricorrere a un generico: Tizio, Caio e Sempronio, i nomi di tre ipotetiche persone, utilizzati solitamente per indicare una qualsiasi entità umana presa ad esempio. In questo caso, però, per lo meno, si rimarrebbe in ambito romano.
portepal1 Però non ci si può accontentare, perché delle persone in carne ed ossa hanno passato la loro vita ad Augusta Taurinorum lasciandoci direttamente o indirettamente delle tracce evidenti della loro esistenza; pertanto, ho il piacere di presentarvi alcuni personaggi che sono realmente vissuti e hanno camminato per le strade di Augusta Taurinorum in un periodo compreso tra il I e il II secolo d.C. 
I loro nomi, cognomi e le informazioni sulla loro vita sono incise su pietra e sono giunte a noi attraverso le iscrizioni onorarie e funerarie ritrovate sul territorio della città di Torino. Materiale ora contenuto presso il Museo di Antichità di Torino e pervenutoci in modo diverso: dal ritrovamento fortuito allo scavo archeologico sistematico.
Per ragioni di spazio ve ne presenterò solo alcuni, nella speranza di suscitare la vostra curiosità e voglia di provare a immaginare le loro facce e i loro atteggiamenti in modo tale da indurvi ad approfondire l’argomento.
Inizio con il presentarvi Lucio Arreno Fausto, un flamine, marito di Tullia Vitrasia.
Una coppia particolare, perché sono due “operatori del flaminato” torinese. Il flaminato era un sacerdozio che nasceva in età repubblicana per onorare la coppia olimpica Giove-Giunone; in ogni città romana, i due flamini prescelti a rappresentare gli sposi divini erano tenuti a vestire in modo particolare, a portare il tipico cappello a punta e dovevano evitare alcuni comportamenti considerati tabù, compresi alcuni di tipo alimentari come l’astenersi dalle fave. In età imperiale il flaminato venne assorbito dal culto dell’imperatore e della sua famiglia e di conseguenza a Roma fu la coppia imperiale a “incarnare” Giove e Giunone, mentre in Italia e nelle province continuò ad esistere come ruolo in stretto collegamento con il culto degli imperatori.
Tra i divieti del flamine, molteplici e curiosi, posso citarvi: non toccare i cani, non andare a cavallo, non effettuare nessun tipo di nodo sulle vesti, non incontrare gente armata, non lasciare mai la città.
Tullia Vitrasia figlia di Caio Tullio fu una flaminica di Giulia Augusta. Diventare flaminica era relativamente semplice: nel momento in cui una donna sposava un flamine, automaticamente assurgeva al rango di sacerdotessa dando vita una coppia indissolubile e interdipendente. I compiti della flaminica, in quanto donna erano limitati e non poteva provvedere ai sacrifici. Chi fosse, invece, Giulia Augusta non lo so; le ipotesi possono essere o l’imperatrice o una donna della famiglia imperiale non specificata della dinastia Giulio-Claudia. In ogni caso Tullia era a “servizio” di una donna importante. La sua esistenza sul territorio cittadino è stata attestata da un’erma – una statua di pietra che rappresenta la testa e al massimo il busto dell’onorato – che un liberto della famiglia dedicò a Tullia Vitrasia e a Giunone, nume tutelare del sacerdozio ricoperto dalla dedicataria. Probabilmente il dono del liberto si trovava nel cortile dell’abitazione o in un portico privato; è possibile che il liberto fosse legato da vincoli servili o professionali al marito di Tullia, Lucio Arreno Fausto, che come ben sappiamo ricopriva la carica sacerdotale di flamen augustale.
Marco Isuno Proculo fu il fondatore, nonché finanziatore e benefattore, del club dei giovani torinesi (patronus sodalicium iuventutis) associazione probabilmente legata al culto della famiglia imperiale. Vissuto a cavallo tra il I e il II sec. d.C., Marco ricevette in dono dagli altri soci una statua a mezzo busto con iscrizione, che probabilmente si trovava nei pressi della sede del club stesso o presso casa sua.
Le persone vive, ad eccezione di quelle che stessero ricoprendo delle cariche pubbliche, non potevano ricevere delle attestazioni pubbliche così importanti, quindi gli iscritti al club dedicarono la statua al genio del patrono, l’”angelo custode” pagano. Risulta controversa l’interpretazione del testo contenuto sulla statua, soprattutto per la natura dell’associazione che, forse, riuniva i giovani per seguire un culto particolare legato alla famiglia imperiale.
Quinto Glizio Atilio Agricola, figlio di Publio. fu un personaggio illustre, come tanti a Torino ce ne sono stati e ce ne saranno, ma lui, forse, di più!
Era un politico di livello nazionale e internazionale. Senza dubbio era residente per lo più a Roma, ma a Torino doveva possedeva molte case e magari anche una villa.
Nato intorno al 50 d.C, a partire dalla morte dell’imperatore Vespasiano, avvenuta nel 79 d.C, la sua carriera politica e militare fu davvero eccezionale ed è ricordata da molte epigrafi, ritrovate a Torino, dedicategli sia dai concittadini sia da liberti e familiari vari; probabilmente tutti i monumenti e le statue di Atilio Agricola erano collocate nel foro della città, ma anche negli altri spazi pubblici come portici, passeggiate e nelle vicinanze del teatro: in tutto sono ricordati almeno otto monumenti con iscrizione a lui dedicati.
La famiglia di Atilio Agricola doveva essere di origine patrizia, cioè apparteneva alla nobiltà romana più antica, ed era anche presente in Senato a Roma; si presume che potesse essere originaria della Gallia, da cui provengono altri Glizi.
Il nostro vip iniziò la sua carriera nel campo militare come comandante di un reparto di cavalleria, all’età di circa vent’anni; subito dopo fu uno dei dieci giudici per piccole contumelie (l’odierno giudice di pace) a Roma – ruolo che rappresenta il primo gradino della carriera politica della classe dei senatori, i quali dovevano avere un reddito personale di un milione di sesterzi annui – cui seguono tutte le fasi tradizionali di scalata politico-sociale. Il nostro, infatti, divenne: comandante di una legione di soldati di circa seimila unità; questore – tanto per capirci, un amministratore contabile – del patrimonio dell’Imperatore Vespasiano (69-79 dopo Cristo); edile, che era la carica a cui spettava l’incombenza di organizzare feste, spettacoli, ma anche di far eseguire lavori pubblici; pretore, ossia un vero e proprio giudice di diritto civile e penale; ambasciatore dell’imperatore (si propende per Domiziano che regna tra 81 e 96 dopo Cristo) in Spagna; ambasciatore di Nerva (96-98 d.C.) in Belgio; console (almeno due volte); rappresentante di Traiano (98-117) in Ungheria; prefetto della città di Roma.
Per dirla in poche parole, ne macinò di cariche! Interessante notare come queste fossero di genere misto senatorio ed equestre; con ogni probabilità Agricola conquistò la fiducia di vari imperatori, soprattutto Traiano, e fu investito di incarichi tipici dei cavalieri: il prefetto di Roma, per esempio, coordinava le forze dell’ordine presenti in città e doveva mantenere e garantire la sicurezza dell’imperatore.
Per non farsi mancare nulla Atilio Agricola partecipò con Traiano alle guerre contro i Daci in Romania negli anni 105-106 d.C. e fu premiato per il suo valore dall’imperatore stesso con diversi doni, come lance, stendardi commemorativi, corone di vario genere, tra cui una d’oro.
Ammesso che avesse il tempo per starsene un po’ a Torino, senza dubbio alcuno sarebbe stato un ottimo organizzatore di banchetti e cene, perché nella sua folgorante carriera rivestì anche una carica religiosa in qualità di sacerdote addetto all’allestimento dei banchetti sacri e fu membro della confraternita creata in onore dell’imperatore Claudio. Ma quella sul cibo è un’altra storia!

Comments are closed.

Exit mobile version