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La Cappella dei Mercanti a Torino – di Franco Caresio

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La Cappella dei Mercanti a Torino

di Franco Caresio

La “Cappella della Pia Congregazione dei Banchieri e dei Mercanti” è uno di quei piccoli, incredibili gioielli dell’arte barocca quasi mimetizzati nelle pieghe della sontuosità urbanistica e nel gran numero di edifici monumentali del centro storico di Torino. Un vero scrigno di opere d’arte figurativa e di scultura (e conservato nei secoli sostanzialmente integro, così come si è formato nella grande stagione del barocco, senza più alcuna modifica o aggiornamento di rilievo), nato e cresciuto secondo un progetto organico, allestito e decorato seguendo una politica di committenze non occasionali, ma anzi con un preciso piano progettuale che ha impresso alla cappella una straordinaria unitarietà di risultati estetici e l’ha arricchita con la presenza di dipinti e sculture dei maggiori artisti attivi in Piemonte in età barocca.
La cappella fiancheggia la chiesa dei Santi Martiti e vi si accede da via Garibaldi, attraverso l’androne di quella che era la “Casa dei Gesuiti” o “Collegio dei Santi Martiri”, primo insediamento della Compagnia di Gesù nella capitale del ducato.
Impavidi apostoli e sostenitori della Controriforma, i Gesuiti erano stati chiamati a Torino poco dopo la metà del Cinquecento e una ventina di anni più tardi avevano avuto ricevuto in dono dal nobile Aleramo Beccuti (morto nel 1574) quasi l’intero isolato su via Dora Grossa (l’attuale via Garibaldi). Si erano fatti promotori della costruzione della grande chiesa (“decente per li Santi et comoda per la città”) dedicata ai martiri Solutore, Avventore e Ottavio, protettori di Torino, e vi avevano costruito il loro “collegio” per la “promozione degli studi di Humanità, Folosofia et Theologia”. Soltanto un secolo dopo, pur mantenendo l’insediamento dei Santi Martiri, i Gesuiti avvieranno l’imponente progetto – poi ridimensionato sia per gli enormi costi previsti, sia per l’opposizione di altri ordini religiosi e, in particolare, dei Teatini – del “Collegio dei Nobili”, l’attuale palazzo dell’Accademia delle Scienze. Fautori della Riforma cattolica in tutti gli aspetti della vita sociale, i Gesuiti avevano individuato nella riorganizzazione e nella guida delle antiche confraternite religiose, nella vigilanza ideologica su di esse e nella sorveglianza dei comportamenti e delle attività dei loro iscritti, un formidabile strumento di controllo di gruppi o associazioni di persone in grado di esercitare un ruolo di peso più rilevante all’interno della vita civile di una comunità. Per questa ragione, soprattutto, i Gesuiti promossero a Torino la costituzione della “Pia Congregazione dei Banchieri e dei Mercanti” e la parallela “Pia Confraternita dei Nobili e degli Avvocati”, offrendo ad esse – associazioni completamente laiche, anche se con finalità religiose e spirituali – ospitalità nel loro “collegio” di via Garibaldi.
Nel Settecento, in seguito al “raddrizzamento” dell’intera strada, Bernardo Vittone, Filippo Castelli e poi anche Mario Ludovico Quarini intervennero sul Collegio dei Gesuiti per arretrarne e ridisegnarne la facciata, in ossequio al nuovo allineamento dei caseggiati imposto per tutta la strada. In quella occasione venne dunque realizzato il solenne e severo androne di accesso alla cappella, androne (oggi, di proprietà comunale, è denominato “Galleria degli antichi chiostri”) che è a tre navate spartite da colonne, coperto con volte a vela e a cupolotti.
In un “oratorio” attiguo alla cappella si riunivano periodicamente i priori della compagnia dei banchieri e dei mercanti per stabilire i prezzi delle merci e per definire, contemporaneamente, la quota percentuale sulle vendite da devolvere alla costruzione e alla decorazione della loro confraternita.
A volere la cappella, luogo privilegiato di riunione e di preghiera per un gruppo di particolare importanza sociale come quello dei banchieri e dei mercanti, era stato (nel 1663, ma l’inaugurazione ufficiale avverrà nel 1692 a lavori di decorazione ultimati) padre Agostino Provana, rettore dei Gesuiti torinese e, probabilmente, lui stesso architetto e, comunque, grande “manager” dell’opera. È sicuramente padre Agostino Provana a scegliere l’intero tema iconografico – la Natività e l’Epifania del Signore – delle decorazioni della cappella, a impostare l’organizzazione architettonica e decorativa della cappella in quei valori poi sempre mantenuti; sono probabilmente da riferire ancora a lui le indicazioni e i consigli per le committenze più importanti, materialmente fatte e pagate dai confratelli della “Pia congregazione”.
In definitiva, anche se certamente indirizzata da padre Agostino Provana e da altri Gesuiti, quello della “Cappella della Pia Congregazione dei Banchieri e dei Mercanti” si rivela essere il momento più importante della committenza torinese non di corte o di una struttura ecclesiastica, ma interamente laica.
La cappella si presenta ad aula unica, rettangolare, con gli stalli in legno destinati ad accogliere i membri della congregazione addossati alle pareti lunghe (il pannello centrale della fila di destra è scolpito a basso rilievo da Carlo Giuseppe Plura). Il soffitto è interamente affrescato a monocromo con una rappresentazione di complesso contenuto ideologico – Il Paradiso, profeti, sibille ed episodi biblici – opera di Stefano Maria Legnani detto “il Legnanino” realizzata intorno al 1694-95 quando l’artista ha terminato da poco l’impegnativa impresa della decorazione del duomo di Monza. Le figure del Legnanino sono inserite in quadrature geometriche e a fiori di Giovan Battista e Gerolamo Grandi, attivi anche a Palazzo Carignano e a Palazzo Provana di Druent, poi Falletti di Barolo.
Davanti alle finestre sono collocate quattro sculture in legno di cirmolo, laccate in colore avorio, belle e raffinate opere del 1707-15 di Carlo Giuseppe Plura raffiguranti i Dottori della Chiesa.
Su tutte le pareti, compreso il lato corto del rettangolo dove è eretto l’altare preceduto dalla balaustra, sono appese undici grandi tele entro larghe cornici scure. Cinque – Comparsa della stella consultata dai Re Magi, Strage degli innocenti, Fuga in Egitto, Adorazione dei Re Magi e Adorazione dei pastori – sono opere di Andrea Pozzo (La strage degli innocenti forse in collaborazione con qualche allievo) dipinte fra il 1694 e il 1701-3.
Altri due dipinti – Re David che medita il mistero dell’Epifania e Aprimento dei tesori – sono del Legnanino, entrambi dell’inizio del Settecento, mentre Sebastiano Taricco dipinge, entro il 1694, l’Annuncio dell’angelo ai re Magi e l’Erode con i maestri della Legge. Del periodo più antico della cappella è ancora il Viaggio dei re Magi verso Betlemme, di Luigi Vannier, e nel 1712 Nicolò Carlone invia da Genova una delle utime opere commissionate, I re Magi verso Betlemme.
Nella sacrestia della cappella si conserva un dodicesimo, prezioso quadro, Adorazione dei Magi, opera di Guglielmo Caccia, detto il Moncalvo, che un tempo era collocato in posizione centrale sopra l’altare.
La preziosa Cantoria in legno scolpito, è del 1698 ma è stata parzialmente modificata nel 1772 con la sostituzione della cassa e dell’organo originari.
Nella sacrestia si conservano, oltre al dipinto del Moncalvo, diverse altre opere di eccellenti artisti-artigiani. Ad esempio il tronetto del 1792, attribuito un tempo a Giuseppe Maria Bonzanigo e poi riconosciuto opera di Michele Brassiè; un prezioso armadio da sacrestia di Natale Favriano, del 1712; un curioso e ingegnoso timbro a secco di Pinoto Cambiaggio; un calice in argento, di splendida fattura, opera di ignoto orefice, datato al 1677; un tripode in rame per la liturgia della benedizione del fuoco durante la settimana santa; il “libro d’oro” manoscritto e acquerellato con i nomi dei confratelli e dei membri del consiglio direttivo della congregazione a partire dalla sua fondazione nel 1663. E il celebre “Calendario meccanico universale” costruito nel 1835 su progetto di Giovanni Amedeo Plana, direttore dell’Osservatorio astronomico torinese.

La Cappella dei Mercanti è in Via Garibaldi 25 a Torino

Foto Lucilla Cremoni 2017

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