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Cervelli che studiano cervelli. Le neuroscienze a Torino tra passato e presente – di Angela Calì

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Le neuroscienze a Torino tra passato e presente
di Angela Calì

Ogni persona è il suo cervello. Difficile dire se ognuno di noi siaesclusivamenteil suo cervello, ma è indubbio che i nostri pensieri e le nostre emozioni, così come la nostra personalità e le nostre azioni, sono per la maggior parte frutto di quell’insieme di neuroni e sinapsi che ci caratterizza in maniera unica come individui. Per questo la torinese premio Nobel Rita Levi Montalcini riteneva il cervello la proprietà più preziosa dell’essere umano. Per lei era il cervello a identificare l’uomo e a distinguerlo da tutte le altre specie viventi. La scienziata giudicava dovere dell’umanità studiare e ampliare le conoscenze neuroscientifiche al fine di far prevalere le parti più elevate, riflessive e sagge del cervello dell’uomo su quelle più arcaiche, incontrollabili e violente.
L’apporto di Rita Levi Montalcini allo studio dello neuroscienze è stato indubbiamente rilevante. La scoperta della proteina NGF (Nerve growth factor), fattore di crescita nervoso, prodotta naturalmente dal cervello e capace di permettere la rigenerazione e la conservazione delle cellule neuronali, le valse appunto il premio Nobel nel 1986. Ancora oggi si scoprono nuove importanti funzioni di questa proteina nella cura delle malattie neurodegenerative.
La scienziata aveva intrapreso i suoi studi universitari a Torino nel 1929 in un periodo di grande fermento intellettuale. Perso il ruolo di capitale del Regno d’Italia nel 1864, la città aveva cercato una nuova identità culturale ed economica e la nascita di una moderna università era stato il motore di questa trasformazione.
La fiducia nel progresso scientifico caratterizzò Torino più che ogni altra città italiana, tanto che molti anni dopo Norberto Bobbio la definì come “probabilmente la città più positivistica d’Italia”. Si delineò dunque un periodo di sviluppo culturale ed economico guidato dal primato della scienza e questo orientamento fu alla base del suo successo economico-industriale successivo.
Alla fine dell’Ottocento l’università torinese si riorganizzò. In particolare, la facoltà di Medicina diede maggiore attenzione alle scienze naturali, al lavoro in laboratorio e alla ricerca sperimentale. In questo quadro occorre collocare agli inizi del Novecento la prestigiosa scuola di Giuseppe Levi in cui si formò e si laureò Rita Levi Montalcini. Giuseppe Levi fu un grande studioso del sistema nervoso della prima metà del Novecento, svolgendo studi di importanza rilevante sulla plasticità delle cellule nervose e promuovendo tra i primi la cultura in vitro dei tessuti con cui Montalcini condusse le sue ricerche negli anni successivi.
L’attenzione per il cervello e il sistema nervoso a Torino era però già presente nel Settecento. In un ambiente attento agli studi di medicina e chirurgia vanno ad esempio poste le ricerche di Vincenzo Malacarne, considerato il fondatore dell’anatomia topografica e i cui studi di neuroanatomia, con attenzione particolare al cervelletto, furono importantissimi per quelli svolti dal fisiologo torinese Luigi Rolando nell’Ottocento. Rolando scoprì le ramificazioni cerebrali e i processi fibrosi del cervello. Porta il suo nome – Scissura di Rolando o Solco centrale – il solco della corteccia sulla faccia esterna di entrambi gli emisferi cerebrali che separa il lobo frontale da quello parietale. Così come porta il suo nome il Museo di Anatomia Umana di Torino.
Nella seconda metà dell’Ottocento si colloca l’attività dello scienziato torinese Angelo Mosso che viene oggi considerato tra i pionieri delle neuroscienze. Da alcuni suoi manoscritti originali si è scoperta una sua “bilancia per pesare le emozioni”, una bilancia di legno a forma di letto capace di “pesare” l’attività del cervello. Collegando degli apparecchi alla bilancia per misurare la circolazione Mosso faceva leggere un testo al soggetto sdraiato, mostrando che all’aumentare della difficoltà del testo la bilancia andava a pendere sempre più verso la testa. In questo modo si dimostrava per la prima volta che l’attività del cervello è legata a un maggiore afflusso di sangue al cervello. Mosso viene riconosciuto come un precursore delle attuali tecniche dineuroimaging, il cui sviluppo è stato ed è fondamentale per la ricerca neuroscientifica.
Nel solco di quella importante tradizione continuano oggi gli studi delle neuroscienze torinesi. Attualmente la città può vantare un Istituto Nazionale delle Neuroscienze (INN), fondato nel 2008 da Piergiorgio Strata, neuroscienziato e docente emerito di Neurofisiologia all’Università di Torino. L’istituto è un consorzio universitario che riunisce alcuni dei migliori neuroscienziati del territorio nazionale, tra cui gli studiosi del Dipartimento di Neuroscienze “Rita Levi Montalcini” di Torino. Il centro eccelle nello studio delle basi fisiche dell’effetto placebo, grazie alle ricerche di Fabrizio Benedetti, uno dei maggiori esperti a livello internazionale sull’argomento. Benedetti ha dimostrato come l’effetto placebo agisca con le stesse modalità chimiche dei farmaci, e ha inoltre evidenziato come un’interazione positiva tra medico e paziente possa determinare l’attivazione dell’effetto placebo. La fiducia nella cura porta alla produzione di endorfine e dopamina nel paziente; questi neurotrasmettitori si legano agli stessi recettori a cui si legano le molecole dei farmaci, potendo procurare gli stessi effetti benefici di questi ultimi negli individui in cura.
Nell’istituto viene data grande attenzione anche alla neuroplasticità neuronale e alla sua connessione con le terapie di riabilitazione neuronale. Ormai è assodato che il cervello cambia continuamente nel corso della vita e gli scienziati stanno cercando di utilizzare questa caratteristica cerebrale per modificare in maniera specifica solo determinate parti del cervello attraverso farmaci mirati. Strata in particolare ha lavorato sui ricordi dolorosi per il soggetto e sulla possibilità di modificarli disattivando la parte del cervello che contiene la rappresentazione della paura. L’obiettivo è andare ad agire su un solo ricordo specifico, legato a situazioni estreme come guerre e violenze che possono portare i soggetti a malattie come la sindrome post-traumatica, ed eliminarlo senza intervenire in altre aree della memoria.
Un altro centro importante per le neuroscienze torinesi è il NICO, Neuroscience Institute Cavalieri Ottolenghi ad Orbassano. La fondazione si occupa dello studio delle funzioni nervose e cerebrali sia normali sia patologiche e della cura delle malattie del sistema nervoso. Sono promotori dell’importante iniziativa “PorteAperte” che permette al pubblico di visitare i laboratori e conoscere i ricercatori, riuscendo ad avvicinare i cittadini alle neuroscienze così da far capire l’importanza che queste rivestono per ciascuno di noi.
Il cervello, come diceva Rita Levi Montalcini, è il tesoro più importante per l’umanità e i “cervelli che studiano cervelli” sono sicuramente un patrimonio fondamentale da preservare. Beni preziosi da conoscere, ripercorrendone la storia e seguendone l’attività, ma soprattutto da tutelare e sostenere, aiutandoli a proseguire e sviluppare la ricerca, a Torino, come ovunque nel mondo.
Questo articolo ha ricevuto una menzione d’onore alla XI edizione del Premio Piemonte Mese, Sezione Cultura

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