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T30. Personale di Paolo Grassino – Torino, Palazzo Saluzzo Paesana 30 ottobre – 30 novembre

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T30
Personale di Paolo Grassino
a cura di Lorand Hegyi
30 ottobre – 30 novembre 2019
Torino, Palazzo Saluzzo Paesana

La grande e articolata mostra personale presentata nella corte e nelle sale storiche di Palazzo Saluzzo Paesana raccoglie parte della ricerca artistica dell’artista Paolo Grassino che con le sue opere indaga riflessioni a volte poetiche a volte legate alla più stringente attualità in un percorso complesso e distopico dove le tracce di un possibile futuro si rilevano già nel nostro quotidiano.
Le svariate tecniche e l’utilizzo dei materiali sono molteplici, a volte volutamente contrastanti ma sempre strettamente legate alle tematiche che affrontano le singole opere. Grandi fusioni in alluminio come Analgesia e Cardiaco aprono nella grande corte del palazzo una raccolta delle più significative opere dell’artista dove il rapporto tra natura e uomo si scontra e si fonde in perenni contraddizioni.
Salendo le scale prima dell’ingresso nelle sale storiche, ci si imbatte in Lavoro rende morte, unica opera realizzata appositamente per lamostra, che ci restituisce un’omaggio scultoreo alle vittime della tragedia del 2007 avvenuta negli stabilimenti della Thyssenkrupp.
Nella prima sala storica ci accoglie Ciò che resta, grande teschio realizzato come un fitto ricamo utilizzando i tubi in plastica flessibile per gliimpianti elettrici. Qui però non c’è corrente elettrica o luce e il grande cranio resta abbandonato al centro della sala come un guscio vuoto privo di utilità.
Nella sala adiacente, il nero ci porta nella profondità di una Deriva di un’auto e di tutto ciò che vi è rimasto intrappolato trascinato dall’acqua riportata in superficie dopo anni nei fondali di un fiume e che diventa emblema dell’incuria e dell’abuso sul nostro ambiente.
Nella grande sala rossa il trittico intitolato Serie Zero, tre argentee figure in fusione di alluminio, ci suggerisce un necessario e urgente riavvicinamento ai ritmi della natura. L’unione tra uomo e albero rimanda a desideri ancestrali arrivati a noi con una visione riattualizzata della mitologia greco-romana.
Continuando il percorso espositivo la figura del cervo Fiato, realizzato in alluminio in dimensioni naturali, ci sorprende e c’interroga con le sueorbite vuote. Il cervo, oltre a essere animale regale, è ambasciatore e portatore di radicali cambiamenti.
Le opere Madre e Travasi ci riportano a terra nella complessa e veloce esasperazione della continua e indiscriminata connettività, l’abbondante e abusata informazione viene indotta e l’uomo diventa corpo indifferente da riempire.
La mostra si chiude con Invalicabile, tre figure in cemento ferite e pronte a ferire che diventano muri, confini e geografie o anime grevi che sinascondono tra un fogliame di vetri rotti.
In questa mostra la città di Torino è protagonista: l’atmosfera, i colori, la trasformazione, l’indifferenza, la dedizione al lavoro e l’incerta destinazione futura vissuta in questi ultimi 30 anni entrano prepotentemente nella genesi della ricerca di Paolo Grassino che con le sue operecrea un ponte ideale tra le sperimentazioni poveriste e post concettuali degli anni ’70 e anche con figure autonome come Sergio Ragalzi e le piùattuali ricerche delle ultime generazioni di artisti.
Le riflessioni sulla scultura come mezzo prediletto per testimoniare i tempi contraddittori e le derive socio-politiche che viviamo hanno portato Paolo Grassino a cercare nella tradizione e nella creatività svincolata da preferenze tra figurazione e astrazione, figure plastiche altamente suggestive, drammatiche, sconcertanti e sorprendenti. Tutto appare come una scena vista da lontano, un’allucinazione tangibile, sensuale, immediata o meglio alienata. Queste figure, sebbene mai viste prima, emergono in modo potente, come realtà ben note, familiari e concrete,come improbabilità presenti fisicamente e materialmente possibili.
L’immobilità, lo stato di attesa enfatizzato e soprattutto, la strana devozione mostrata dalle figure che vedono il proprio destino con apatia e stoicismo, che accettano il proprio destino senza opporre alcuna resistenza, senza dare voce a nessuna protesta, e senza esprimere alcun dolore o sofferenza è presentata con dignità e complicità. Questa durezza spietata e oggettiva crea un’atmosfera di abbandono ed esclusione.
Ed è questa indifferenza oggettiva e impersonale che trasferisce un personaggio archetipico all’opera, qualcosa di anacronistico e di grande attualità, qualcosa di coraggiosamente radicale e resistente. Il radicalismo è incentrato su questo obiettivo, indifferente e impersonale. “Nonracconto le mie storie, ma condivido le realtà inevitabili e irreversibili delle improbabilità. Queste immagini di improbabilità radicalmente sconfinate generano la sorprendente coerenza di tali narrazioni cupe e sconcertanti”. Nonostante il dramma, nonostante il surrealismo, nonostante la fantasticheria – a volte percepita come macabra a volte sensuale ed erotica, a volte spaventosa, o addirittura selvaggia e brutalec’è un’aura onnipervasiva di leggerezza poetica. Il radicalismo delle immagini delle improbabilità non richiede alcuna legittimità esterna: la suarealtà ineluttabile è perfettamente in grado di legittimare. Lorand Hegyi

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