T30
Personale di Paolo Grassino
a cura di Lorand Hegyi
30 ottobre – 30 novembre 2019
Torino, Palazzo Saluzzo Paesana
La grande e articolata mostra personale presentata nella corte e nelle sale storiche di Palazzo Saluzzo Paesana raccoglie parte della ricerca artistica dell’artista Paolo Grassino che con le sue opere indaga riflessioni a volte poetiche a volte legate alla più stringente attualità in un percorso complesso e distopico dove le tracce di un possibile futuro si rilevano già nel nostro quotidiano.
Le svariate tecniche e l’utilizzo dei materiali sono molteplici, a volte volutamente contrastanti ma sempre strettamente legate alle tematiche che affrontano le singole opere. Grandi fusioni in alluminio come Analgesia e Cardiaco aprono nella grande corte del palazzo una raccolta delle più significative opere dell’artista dove il rapporto tra natura e uomo si scontra e si fonde in perenni contraddizioni.
Nella prima sala storica ci accoglie Ciò che resta, grande teschio realizzato come un fitto ricamo utilizzando i tubi in plastica flessibile per gliimpianti elettrici. Qui però non c’è corrente elettrica o luce e il grande cranio resta abbandonato al centro della sala come un guscio vuoto privo di utilità.
Nella sala adiacente, il nero ci porta nella profondità di una Deriva di un’auto – e di tutto ciò che vi è rimasto intrappolato trascinato dall’acqua –riportata in superficie dopo anni nei fondali di un fiume e che diventa emblema dell’incuria e dell’abuso sul nostro ambiente.
Nella grande sala rossa il trittico intitolato Serie Zero, tre argentee figure in fusione di alluminio, ci suggerisce un necessario e urgente riavvicinamento ai ritmi della natura. L’unione tra uomo e albero rimanda a desideri ancestrali arrivati a noi con una visione riattualizzata della mitologia greco-romana.
Continuando il percorso espositivo la figura del cervo Fiato, realizzato in alluminio in dimensioni naturali, ci sorprende e c’interroga con le sueorbite vuote. Il cervo, oltre a essere animale regale, è ambasciatore e portatore di radicali cambiamenti.
Le opere Madre e Travasi ci riportano a terra nella complessa e veloce esasperazione della continua e indiscriminata connettività, l’abbondante e abusata informazione viene indotta e l’uomo diventa corpo indifferente da riempire.
La mostra si chiude con Invalicabile, tre figure in cemento ferite e pronte a ferire che diventano muri, confini e geografie o anime grevi che sinascondono tra un fogliame di vetri rotti.
In questa mostra la città di Torino è protagonista: l’atmosfera, i colori, la trasformazione, l’indifferenza, la dedizione al lavoro e l’incerta destinazione futura vissuta in questi ultimi 30 anni entrano prepotentemente nella genesi della ricerca di Paolo Grassino che con le sue operecrea un ponte ideale tra le sperimentazioni poveriste e post concettuali degli anni ’70 e anche con figure autonome come Sergio Ragalzi e le piùattuali ricerche delle ultime generazioni di artisti.
Le riflessioni sulla scultura come mezzo prediletto per testimoniare i tempi contraddittori e le derive socio-politiche che viviamo hanno portato Paolo Grassino a cercare nella tradizione e nella creatività svincolata da preferenze tra figurazione e astrazione, figure plastiche altamente suggestive, drammatiche, sconcertanti e sorprendenti. Tutto appare come una scena vista da lontano, un’allucinazione tangibile, sensuale, immediata o meglio alienata. Queste figure, sebbene mai viste prima, emergono in modo potente, come realtà ben note, familiari e concrete,come improbabilità presenti fisicamente e materialmente possibili.
L’immobilità, lo stato di attesa enfatizzato e soprattutto, la strana devozione mostrata dalle figure che vedono il proprio destino con apatia e stoicismo, che accettano il proprio destino senza opporre alcuna resistenza, senza dare voce a nessuna protesta, e senza esprimere alcun dolore o sofferenza è presentata con dignità e complicità. Questa durezza spietata e oggettiva crea un’atmosfera di abbandono ed esclusione.
Ed è questa indifferenza oggettiva e impersonale che trasferisce un personaggio archetipico all’opera, qualcosa di anacronistico e di grande attualità, qualcosa di coraggiosamente radicale e resistente. Il radicalismo è incentrato su questo obiettivo, indifferente e impersonale. “Nonracconto le mie storie, ma condivido le realtà inevitabili e irreversibili delle improbabilità. Queste immagini di improbabilità radicalmente sconfinate generano la sorprendente coerenza di tali narrazioni cupe e sconcertanti”. Nonostante il dramma, nonostante il surrealismo, nonostante la fantasticheria – a volte percepita come macabra a volte sensuale ed erotica, a volte spaventosa, o addirittura selvaggia e brutalec’è un’aura onnipervasiva di leggerezza poetica. Il radicalismo delle immagini delle improbabilità non richiede alcuna legittimità esterna: la suarealtà ineluttabile è perfettamente in grado di legittimare. Lorand Hegyi