La partecipazione piemontese al progetto Gaia
di Gabriella Bernardi
Hipparcos era il nome del primo satellite per osservazioni astrometriche realizzato dall’ESA, l’Agenzia Spaziale Europea. Battezzato così a ricordo dell’astronomo greco Ipparco di Nicea, vissuto tra il 190 e il 120 a.C. e fra i primi a compilare un catalogo stellare, venne lanciato quasi duemila anni dopo, esattamente nel 1989, scandendo l’inizio dell’era moderna dell’astrometria, ovvero quella branca dell’astronomia che si occupa di misurare le posizioni e le velocità dei corpi celesti.
Circa vent’anni di studi e di sviluppo dopo, l’ESA si appresta a far partire il satellite Gaia, che potrà fare misure molto più accurate per un numero maggiore di oggetti celesti: si prevede infatti che il catalogo di Gaia, disponibile verso il 2021, conterrà circa un miliardo di oggetti con accuratezze da dieci a cento volte migliori rispetto a Hipparcos.
Mario Lattanzi, dell’Osservatorio Astrofisico di Torino, ha lavorato a lungo sia sulla missione Hipparcos sia sulla missione Gaia, e per quest’ultima dal 2005 è responsabile scientifico della partecipazione italiana all’elaborazione dei dati di Gaia. È un progetto affidato al DPAC (Data Processing and Analysis Consortium), un consorzio intrnazionale costituito da circa 400 scienziati quasi esclusivamente europei, e il contributo italiano coordinato da Lattanzi vede la partecipazione di una settantina di ricercatori degli osservatori e delle Università di Bologna, Catania, Firenze, Napoli, Padova, Roma, Teramo e Torino. “L’Italia ha partecipato fin dall’inizio alla
I risultati della missione verranno resi immediatamente pubblici a tutta la comunità scientifica. Per quale ragione è importante una partecipazione diretta nel suo sviluppo?
“Gaia è una missione di portata epocale e fortemente innovativa. In caso di successo, si profilano progressi immensi in un molte branche della scienza. In estrema sintesi tutto questo scaturisce dalla possibilità di avere una mappa completa e ad alta precisione, in sei dimensioni (posizioni e velocità) dell’intera galassia, e in particolare, dal fatto di poter misurare per la prima volta in maniera diretta le distanze delle stelle fino ai confini della Via Lattea. La disponibilità di questi dati, per esempio, ci permetterà di capire meglio, come si è formata e come si sta trasformando la nostra galassia, ma anche i dettagli più nascosti di come nascono e si evolvono le stelle. Si scopriranno migliaia di nuovi pianeti extrasolari, e si otterrà una comprensione senza precedenti di come funziona la gravità. Inoltre, conosceremo con più precisione le orbite di moltissimicorpi del Sistema Solare, comprese quelle di molti asteroidi le cui orbite intersecano il percorso della Terra, e che quindi sono
In che senso l’informatica è fondamentale per questi obiettivi scientifici?
“Come in molte delle moderne attività scientifiche, Gaia produrrà una quantità enorme di dati, e la loro conservazione ed analisi costituisce a sua volta un traguardo ambizioso da un punto di vista informatico. Se immaginassimo di mettere tutti questi dati in normali CD, la loro pila sarebbe alta come l’Everest: ma la vera sfida sta nel fatto che è come se dovessimo fare muovere l’Everest veloce come una Ferrari! Grazie al supporto dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) abbiamo ottenuto che uno dei sei centri di elaborazione dati della missione abbia sede proprio a Torino, nella zona del complesso aerospaziale di Corso Marche. Questo centro diventerà la più grande banca dati per astronomia in Italia e una delle più grandi in Europa. Ciò ha avuto una serie di importanti ricadute. Ha permesso di integrare l’hardware tecnologicamente più avanzato con il database Oracle che l’omonima casa madre ha messo a disposizione grazie ad una partnership strategica con l’INAF. Ha reso possibile sviluppare conoscenze informatiche avanzate, in sinergia con l’industria che ha potuto ricevere finanziamenti mirati dall’ASI per la missione, e ha richiesto nuove figure specializzate che si sono tradotte in assunzioni di giovani. Ovviamente non si tratta di grandi numeri, ma in questi casi si sa che i settori ad alta tecnologia funzionano poi da volano per ulteriori sviluppi economici. Questa grande banca dati sarà come avere uno strumento spaziale ma con la differenza che non si degraderà nel tempo e il valore dipenderà solo dalla nostra capacità scientifica di guardarci dentro. È quella che a me piace chiamare l’eredità di Gaia per gli astronomi e i tecnologi spaziali dei prossimi decenni!”
Il lancio è previsto per il 20 dicembre ad opera del ben collaudato sistema Soyuz-Fregat, già usato in altre missioni quali, per esempio, Mars Express.
Il satellite dovrebbe rimanere attivo per cinque anni, ma con la possibilità di un’estensione di un altro anno. Entro il 2021 il risultato di questo lavoro sarà un catalogo astrometrico senza precedenti, il più grande progetto di cartografia celeste mai tentato dall’uomo.