STORIE DI MARE STORIE DI CIELO
Pittori, scultori e ceramisti interpretano i temi del Mare e del Cielo
24 giugno – 6 agosto
Avigliana, ex Chiesa di Santa Croce
Storie di cielo: la dea Nut
Durante la grande civiltà egizia non veniva attribuita alla parola cielo il valore maschile, per gli egizi il cielo era una questione tutta al femminile. La dea-cielo era raffigurata nelle tombe reali come una donna gigantesca, dal corpo incurvato e teso come un arco al di sopra della terra; a volte la ritroviamo nelle tombe private e in quelle degli operai come donna alata che reca sul capo il suo nome in caratteri geroglifici. Il suo nome era Nut, il cui termine in origine doveva servire per indicare il cielo.
La dea Nut aveva molti epiteti: “la Grande”, ma poi “Madre degli dei”, colei che genera Ra ogni giorno. La dea-cielo, successivamente alla XVIII dinastia, concepisce e mette al mondo il sole ogni giorno, ed esso a sua volta la feconda e rinasce ogni giorno da sua madre, divenuta sua sposa. In origine Nut, signora del cielo, amava ricambiata il dio Geb (la terra): vivevano in un eterno amplesso e fra i loro due corpi non v’era spazio per nulla. Il dio Ra allora, in qualità di signore del cosmo, geloso dell’amore tra Nut e Geb, ordinò al dio Shu (l’aria) di separarli. Allora Shu sollevò il corpo di Nut, inarcandolo sopra quello di Geb. Fu così che si creò lo spazio necessario per il mondo abitato dagli esseri umani. Da allora però Shu dovette per sempre rimanere a sostenere il corpo della dea per impedirle di riunirsi a Geb.
Nei sarcofagi e nelle tombe dei sovrani del Nuovo Regno la vediamo con il corpo tempestato di stelle, garante del ciclo di riproduzione. Ingoia il sole rosso della sera e lo restituisce all’alba dopo averlo partorito e il piccolo sole giallo chiaro è come un nuovo nascituro che ha bisogno di calore per crescere, fino ad arrivare al disco infuocato del mezzogiorno, per poi nuovamente tramontare ormai stanco nella bocca di Nut ad occidente. Così il ciclo della vita sulla terra si è sempre perpetuato grazie alla grande dea Nut, signora del cielo limpido e stellato.
Storie di mare: La grande onda
La grande onda dell’artista giapponese Katsushika Hokusai è un’opera conosciuta universalmente. La zona di mare rappresentata nella xilografia fa parte dell’odierna prefettura di Kanagawa, inoltre il monte che compare sullo sfondo è il monte Fuji. Hokusai organizzò lo spazio tridimensionale dell’opera utilizzando alcuni accorgimenti prospettici. Il monte Fuji è rappresentato al centro dell’incavo dell’onda con dimensioni ridotte rispetto alle due onde di sinistra e ai montanti di quelle di destra. La profondità della scena è quindi sottolineata da questo contrasto di grandezze, inoltre il colore mette in evidenza i diversi piani di profondità. L’artista ha utilizzato quella che noi occidentali chiamiamo ‘prospettiva gerarchica’ come quella presente nell’arte pittorica dell’antico Egitto. La composizione rappresenta alcune barche di pescatori che tornano verso casa minacciate dalla grande onda che sbarra loro la strada. I barcaioli vanno così incontro a un drammatico destino, affrontando il mare burrascoso. Il fascino delle onde del mare, specialmente quando esse si infrangono su uno spuntone di roccia a formare dei vortici, sono sempre motivo d’interesse per Hokusai che ne approfitta per sperimentare il disegno delle famose creste di schiuma dette “ad artiglio di drago”. È la trasposizione dell’incontro-scontro tra uomo e natura. Da un lato la potenza della massa d’acqua contro la fragilità dell’uomo, dall’altro l’uomo che si offre spontaneamente alla grandiosità della natura senza timore. Donatella Avanzo (archeologa e storica dell’arte)
ex Chiesa di Santa Croce – Piazza Conte Rosso Avigliana (To)
Orario: sabato e domenica ore 16-20
Ingresso libero