Cosa resta dei cinema porno di Torino?
di Marco Doddis
Chi di noi, almeno una volta nella vita, non ha fatto i conti con la nostalgia del cinema che fu? Alzi la mano chi può dire di non essere mai caduto preda della sua vena romantica, guardando gli spropositati multisala moderni e ripensando alla piccola sala di quartiere, ormai in disuso o scomparsa. Specie quelli che hanno qualche capello bianco in testa sanno che il mondo del grande schermo ha subìto trasformazioni profonde nel corso degli ultimi decenni.
Gli attuali quarantenni, per ultimi, sono passati attraverso la crisi degli anni ’70-’80, quando la televisione completò la sua opera di colonizzazione di tutte le case degli italiani e, in seconda battuta, il boom del videoregistratore assestò un decisivo colpo di grazia alla vecchia celluloide.
Dopo questo passaggio, il cui più celebre paradigma rimane la vicenda del Nuovo Cinema Paradiso di Tornatore, si è registrata una seconda, epocale rivoluzione: quella digitale. Dvd e internet hanno costretto il cinema a ridiscutersi e hanno praticamente cancellato una delle sue costole, nata proprio in corrispondenza della prima “rivoluzione” degli anni Settanta: le sale a luci rosse.
L’industria dell’hard tiene ancora botta, chiaramente, ma la sua visione si è totalmente “privatizzata”: oggi, i vari Tube online hanno decimato i tradizionali luoghi di fruizione. Pare che, in tutta Italia, ne resistano non più di una quarantina.
A Torino, in particolare, se ne contano ben sei; sei superstiti all’incedere del tempo e che, per ovvi motivi, non se la passano affatto bene.
Chi l’avrebbe mai detto che nel 2015 ci saremmo ritrovati a contemplare con un pizzico di tenerezza un fenomeno che, nella sua epoca d’oro, incarnò, per molti critici, il Male, la corruzione dei costumi che si imponeva sulle macerie della Settima Arte? È inevitabile: la trasformazione del paesaggio urbano ha risparmiato dei relitti che, senza particolari meriti, si sono impressi nella memoria di chi è invecchiato passeggiando di fronte a loro.
I cinema porno erano anche luoghi di iniziazione: ci andava il neo-diciottenne per completare i festeggiamenti della raggiunta maturità; ci capitava qualche donna in cerca della trasgressione una tantum; ci gozzovigliavano orde di militari in licenza, per le goliardate del branco.
E oggi?
“I clienti sono pochi e sempre gli stessi!” ha rivelato un gestore torinese, che ha chiesto di rimanere nell’anonimato. “I soliti quattro anziani, qualche straniero… insomma, è rimasto il pubblico delle ultime file”.
Cioè?
“Già negli anni Ottanta, chi andava nelle ultime file non era troppo interessato al film. Si trattava di gente che veniva al cinema per “lavorare”, per vendersi. Oggi, vengono solo loro. Sono soprattutto le “checche”, che magari si danno appuntamento su qualche forum online. I film? Più o meno sono sempre gli stessi. Quelli nuovi sono girati in digitale, ma noi abbiamo ancora i vecchi proiettori e non possiamo mandarli. Una volta era tutto diverso: molti venivano a vedere l’attrice famosa e conoscevano in anticipo i film grazie alla programmazione pubblicata sui giornali”.
Già, è vero! Se si cercano su La Stampa, i titoli dei film hard sono spariti. Niente, nemmeno un trafiletto. E questo è, senza dubbio, uno dei segnali più forti di quanto tutto il settore abbia perso attrattiva.
Ma facciamo un salto indietro nel tempo. Anzi, sfruttando proprio le pagine degli spettacoli de La Stampa, facciamo qualche salto a piè pari di decennio in decennio. Uno, due, tre e quattro.
Quattro salti e siamo nel febbraio del 1975.
Nel bel mezzo degli anni Settanta molti cinema stanno accendendo la luce rossa sulle loro insegne. L’hard è un fenomeno in via di diffusione, grazie anche alla spinta di alcune pietre miliari del genere (Gola Profonda uscì proprio in quel periodo, ottenendo un enorme successo): insomma, il cinema è già grande e vaccinato per accogliere la rivoluzione del porno, e sono lontani i tempi in cui persino baciarsi in sala era un atto censurabile (non è un modo di dire: nel gennaio del ’55, il Questore di Torino dispose uno speciale servizio di sorveglianza nei cinema per “impedire che le coppie di fidanzati si abbandonino, complice l’oscurità, a effusioni eccessive”. Per chi esagerava, era previsto addirittura l’arresto!).
La Stampa comincia a pubblicare, accanto al programma degli spettacoli dei cinema “normali”, quello delle sale a luce rossa. Qualche esempio? Viene indicato che il cinema Alexandra proietta L’inferno erotico di Pinnesburg e che al Metropol va in scena Carnalità; al Maffei , poi, il pubblico paga il biglietto per Come ti erudisco la pupa, Il saprofita e L’ossessa.
Proprio questi ultimi due impianti, il Metropol e il Maffei , meritano una menzione particolare.
Si trovano (sono tra i pochi a resistere ancora oggi) uno di fronte all’altro, in Via Principe Tommaso, in piena San Salvario, e hanno una storia parallela. Nati entrambi nella frizzante Torino di inizio Novecento, distrutti insieme da bombardamenti aerei durante la Seconda Guerra Mondiale, si convertirono al porno dal ’75-’76.
Del Maffei si sa che fu inaugurato nel novembre del 1909 e che affiancava al cinema alcuni spettacoli di varietà (i quali – vedi il destino – richiedevano già gli interventi della Buoncostume). La sua facciata esibiva teste femminili, putti danzanti e un gigantesco pavone. Nella notte tra il 20 e il 21 novembre del 1942 fu distrutto dalle bombe della Raf e venne ricostruito all’inizio degli anni Cinquanta.
Il Metropol si chiamava Teatro Politeama Chiarella e, dal 1913, iniziò a proiettare film attraverso una strana gara: il pubblico doveva scegliere la migliore tra due versioni della stessa pellicola, Gli Ultimi Giorni di Pompei. Nel 1923 inaugurò i music-hall per bambini mentre, per gli adulti, il circuito Super Films presentò “il meglio della produzione mondiale di perfetta moralità” (ironia della sorte). Quando fu distrutto dall’aviazione inglese si chiamava Smeraldo. Solo nel dopoguerra assunse la denominazione attuale.
Dopo che i primi precursori ebbero rotto il ghiaccio, la città fu invasa dalle luci rosse. Un salto in avanti di dieci anni aiuta a capire meglio la situazione.
Siamo nel febbraio 1985. Maffei e Metropol continuano la loro attività con pellicole del calibro di Fuck me e Josephine 4. L’Alexandra propone Porno vacanze a Saint-Tropez.
In città però risultano attive altre 13 sale (è il periodo d’oro dei cinema porno, che in Italia superano il migliaio di unità). Vediamo quali.
Maior. Nato all’inizio degli anni Cinquanta in Largo Giulio Cesare, questo cinema iniziò nel 1980 la programmazione hard. Dopo aver ospitato anche un supermercato, oggi l’edificio contiene dei box auto in vendita.
Torino. Questa sala, sorta nel 1942 in via Buozzi e oggi scomparsa, avviò alla fine degli anni Settanta le proiezioni “spinte”, interrompendole talvolta in prossimità delle feste natalizie per passare film di forte richiamo popolare (nel 1986, per esempio, ci fu Top Gun in cartellone).
Principe. In via Principi d’Acaja sorgeva questo cinema di epoca fascista, con una particolarissima struttura a tempio. Fu bombardato due volte durante la guerra e proiettò film pornografici dalla fine degli anni Settanta al 1990. Oggi, sullo stesso sito, si trova un elegante palazzo.
Arizona. Sorgeva in Corso Belgio. Quando, alla fine degli anni Settanta, iniziò la sua attività hard-core, venne ribattezzato Sexy Movie One. Chiuse nel 1993, dopo una parentesi da cinema d’essai.
Spezia. Si trova ancora oggi in Via Nizza 170. Proprio nel 1985 si trasformò in cinema a luci rosse.
Vittorio Veneto. Nel 1913, nel cortile di Palazzo Deina in Piazza Vittorio 5, iniziò la sua attività un cinema di nome Impero. Cambiò nome in Vittorio Veneto nel ’42 e si dedicò alla filmografia porno dal ’79 all’89. Un restauro lo rese noto ai torinesi, negli anni ’90, come Empire. Il cinema ha chiuso i battenti nel 2013 per riaprirli l’anno scorso con il nome di Classico.
Roma Blue. Nata negli anni Venti, questa sala di Via San Donato divenne parte del circuito a luci rosse nel 1980 (chiamandosi, per soli due anni, Roma Porno in Blue). Il cinema è ancora attivo. Il biglietto di ingresso costa 5 euro.
Radium. Sul finire degli anni Settanta, questo cinema di Via Giulia di Barolo, si trasformò prima in cinema d’essai e poi in sala di prima visione hard-core, con il nome Artisti Erotic Center. Chiuse all’inizio degli anni Ottanta, vittima dell’ “effetto Statuto”.
Arco. L’ex Cinema Dora e Principe Oddone divenne Arco Inc nel 1976 e si convertì totalmente all’hard nel 1985 con il nome di Arco Pussicat. È una delle sei sale che resistono ancora oggi.
Regina. Nato in Corso Regina 123 nel 1930, convertito al porno nel ’79, oggi è stato sostituito da una macelleria cinese.
Alcione. Anch’esso in Corso Regina, nel 1973 iniziò ad allestire spettacoli di strip-tease che riscossero un tale successo da farlo convertire in locale a luci rosse. Dal ’79 iniziò a proiettare i primi film porno, ma dopo soli quattro ann fu costretto alla chiusura. Oggi al suo posto c’è un anonimo condominio.
Hollywood. Storico cinema di Corso Regina lato Giardini Reali, era un teatro costruito a fine Ottocento. Edificio grandioso (vi si svolgevano anche spettacoli equestri), capace di 1500 spettatori, fu gravemente danneggiato da un bombardamento nel 1943 e rifatto negli anni Sessanta con uno stile molto più lineare del predecessore. Si diceva fosse “la luce rossa più chic di Torino”. È stato abbattuto qualche anno fa per costruire Casa Hollywood, un complesso residenziale con una notevole facciata a vetrata.
Milano Doppia Luce Rossa. Al civico Otto di Via Milano, sorgeva questo cinema di inizio Novecento. Oggi al suo posto c’è un elegante caffè.
Oltre a quelle citate, un’altra sala aveva conosciuto, a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta, una parentesi hard. Si tratta del CinemaKursaal, ex Cinema Teatro Colosseo, di Via Madama Cristina. L’incendio che lo distrusse, dopo lo scoppio di un’insegna al neon, diede la stura per la costruzione dell’attuale Teatro Colosseo.
Gli anni ’90 segnano la prima tappa del declino anche per la luce rossa.
Saltando al febbraio 1995, i cinema segnalati da La Stampa sono solo dieci. In Via Cibrario, in zona Campidoglio, viene menzionato il nuovo arrivato Zeta Sexy Movie, ex cinema d’essai, che proietta una improbabile Sceneggiata Napoletana. Non avrà lunga vita: infatti, dopo il nostro ultimo salto in avanti nel tempo, nel 2005, non lo ritroviamo più nel trafiletto, sempre più minuto (è rimasto solo un breve elenco dei cinema, senza nemmeno più i titoli delle pellicole proiettate), dedicato da La Stampaagli spettacoli a luce rossa.
È il preludio – per qualcuno triste, per altri semplicemente inevitabile – di quanto accaduto negli ultimi anni.
Nel febbraio 2015, oggi, non c’è più traccia su La Stampa dei cinema porno.
La realtà dice che ne resistono sei: Maffei, Metropol, Arco, Roma Blue, Spezia e Alexandra. Quest’ultimo, dopo un decennio di serrande abbassate, è ritornato in attività nel 2013, scatenando le ire dei residenti della zona di Via Sacchi. La domanda degli inferociti cittadini è stata semplice: a cosa serve un cinema porno oggi?
In effetti, si fatica un poco a dare una risposta.