intervista di Nico Ivaldi
Trentadue anni fa una tragedia colpiva la famiglia di Lorenzo Spanò, impiegato collegnese di origine siciliana.
“Mio figlio Paolo aveva sedici mesi quando fu colpito dalla istiocitosi X, una grave e rara malattia” spiega Lorenzo. “Come puoi immaginare, è stato uno choc per me e per la mia famiglia. Paolo fu sottoposto a tutte le cure, ma la malattia progrediva e le speranze di salvarlo erano ridotte al lumicino. Rimaneva un’ultima spiaggia: la radioterapia, alla quale sarebbe stato sottoposto negli Stati Uniti”.
Il viaggio della speranza ebbe una felice conclusione: il piccolo Paolo guarì.
“Dal giorno in cui fu ricoverato la mia vita è cambiata” ricorda Lorenzo. “Mi si è aperto un altro mondo, un mondo che non conoscevo, pieno di incertezze, di speranze, di ricoveri, di visite, di esami, ma anche di tanta voglia di vivere e di persone, con gli stessi miei problemi, che mi hanno aiutato a superare quel terribile momento”.
Lorenzo entra in contatto con l’Ugi, l’Unione Genitori Italiani contro il tumore dei bambini onlus, nata a Torino presso l’Ospedale Infantile Regina Margherita, che offre ai genitori dei piccoli malati un sostegno nel percorso di cura e ai bambini attività di gioco e didattiche. In quei giorni duri e disperati, Lorenzo conosce altri giovani malati e stringe amicizia con i loro genitori, accomunati dallo stesso dolore e dalla stessa speranza.
“Dall’84 sono diventato a mia volta volontario dell’Ugi per conto del quale ho ricoperto ruoli importanti, come quello dell’accoglienza per ben dodici anni, un’esperienza forte che mi ha permesso di condividere con i pazienti e i loro cari gioie e dolori”.
In quei momenti tanto difficili, Lorenzo promise a se stesso che se il suo ragazzo ce l’avesse fatta, un giorno avrebbe inforcato la bici per andare a trovare i tanti fratelli e sorelle sparsi per tutta la penisola che avevano condiviso con lui quel pezzo di vita.
“Un giorno suonerò il vostro campanello” annunciava Lorenzo tra le generali risate di incredulità. Chissà se ce l’avrebbe mai fatta, diceva qualcuno, proprio nella speranza che ce l’avrebbe fatta. E Lorenzo Spanò, sessant’anni, bel viso aperto, un’umanità contagiosa, ha compiuto il miracolo.
“Nel 2013 nasce il primo viaggio in solitaria attraverso la costa tirrenica fino in Sicilia. È stato un percorso toccante e ricco, le emozioni provate sono state indescrivibili. Pensa che ero emozionato fin nel momento in cui pensavo di organizzare l’itinerario, in cui telefonavo agli amici che sarei andato a trovare, quando pensavo alla commozione che c’era nelle loro voci all’idea che di lì a qualche mese ci saremmo rivisti e abbracciati. Ero appena andato in pensione e avevo deciso di regalarmi questo tanto faticoso quanto emozionante viaggio sulle due ruote”.
Suo compagno di quel viaggio è stato l’amico Aldo Grippi, che voleva sfidare se stesso in questa lunga pedalata. In ogni città, però, si uniranno a loro anche altri ciclisti, per condividere con quei due simpatici matti questa esaltante avventura.
Lorenzo pedala da sempre; quella per le due ruote è una passione che si porta dietro da tutta la vita, al punto da dire che ”se la mia famiglia avesse potuto finanziariamente aiutarmi, forse il mondo del ciclismo sarebbe stato il mio futuro. Comunque non rimpiango nulla, siamo una grande famiglia di siciliani emigrati a Torino negli anni ‘60. Se oggi mi guardo indietro, colgo in pieno il sacrificio dei miei genitori che sono stati davvero grandi, mi hanno regalato molti involontari insegnamenti di responsabilità che adesso mi porto dentro per aiutare gli altri”.
Quest’anno il giro d’Italia della solidarietà ha condotto Lorenzo Spanò da Torino a Palermo, insieme con il vercellese Lamberto Pozzati, anch’egli accomunato dalla stessa esperienza.
“Abbiamo dedicato questo viaggio alla memoria di chi non ce l’ha fatta e vogliamo dedicarlo anche a tutti coloro che stanno attraversando le sofferenze da cui siamo passati noi anni fa”.
Un percorso suggestivo che ha portato i due amici a viaggiare attraverso Vercelli, Cremona, Comacchio, Fano, Ascoli Piceno, Paglieta, Palazzo San Gervasio, Lecce, Taranto, Francavilla Marittima, Cetraro, Reggio Calabria, Torre Faro, Santa Maria la Stella, Calascibetta, Pietraperzia, Delia, Bagheria e Palermo, poi Genova e infine il ritorno a Torino, anzi a Collegno, dove vive Lorenzo.
Nel loro bagaglio c’era anche uno striscione con il nome dell’iniziativa: “Pedalando per non dimenticare” e il numero di codice fiscale 03689330011 per devolvere il cinque per mille all’Unione genitori italiani contro il tumore dei bambini.
Ad ogni tappa i due ciclisti hanno incontrato sostenitori, e proprio la scelta delle città in cui hanno sostato non è stata casuale. Nella maggior parte dei luoghi, infatti, Lorenzo e Lamberto hanno rivisto alcune delle famiglie incontrate negli anni durante le ore di volontariato nelle corsie dell’ospedale Regina Margherita.
“Per fortuna adesso i centri di eccellenza sono numerosi e i genitori che come noi hanno combattuto contro la malattia dei figli possono appoggiarsi a strutture più vicine a casa, senza dover più ricorrere ad estenuanti viaggi della speranza“, spiega Lorenzo Spanò.
Lorenzo, come ti sei preparato al viaggio?
“Mi sono preparato acquistando un carrello per portare a spasso le mie nipotine. L’intenzione era anche quella, ma poi credo di averlo usato solo per caricarlo con bottiglie di acqua per fare zavorra. Con questo peso ho cominciato ad uscire in bici per abituarmi al traino e alla fatica. Così ho fatto per tutti i mesi invernali che hanno preceduto il viaggio, poi ho percorso sempre più chilometri per simulare le tappe. Oggi mi sento di dire che anche senza allenamento avrei potuto portare a termine il viaggio. E sai il perché? Perché le sensazioni, le motivazioni e la determinazione mi hanno caricato in una maniera incredibile. Credo che non riuscirò mai ad esternare quanto ho provato e ricevuto da le persone”.
Invece noi pensiamo che Lorenzo ci sia riuscito benissimo, perlomeno a giudicare dal diario di viaggio che giornalmente postava sulla sua pagina facebook. Istantanee più significative di molte parole: pedalate sotto il sole, grandi sudate, sorrisi sotto cartelli con i nomi delle tappe raggiunte. E poi i volti degli amici incontrati: gli abbracci, i sorrisi, i tantissimi selfie, i pasti condivisi (e che pasti..)
E infine il ritorno nella sua amata Sicilia, salutata con la foto di una brioche intinta nella granita al caffè con la panna. Insomma, il calore di quell’esperienza l’abbiamo vissuta perfino noi, che ce ne stavamo a centinaia di chilometri da Lorenzo.