Da trecentocinquant’anni la famiglia Barberis Canonico incarna l’eccellenza piemontese
di Emanuele Franzoso e Francesco Garello
Le Prealpi biellesi sono la culla della manifattura laniera nel nostro Paese. Un territorio molto roccioso ma con
sorgenti d’acqua che, in particolare nel passato, erano preziose come fonti di energia pulita e indispensabili per alcune fasi della lavorazione delle lane pregiate.
Biella è famosa in tutto il mondo per la sua tradizione nell’ambito tessile, ma la crisi ha colpito anche qui. Lo confermano i dati, uno su tutti: quindicimila posti di lavoro persi negli ultimi anni, frutto della contrazione del mercato e anche della chiusura di alcune aziende specializzate. Ma il distretto tessile si sta rialzando, trainato in particolare dall’export e dalle imprese che non si sono arrese grazie ad un fortunato mix tra innovazione e tradizione. Tra loro c’è la
famiglia Barberis Canonico, che lavora nella zona nord-orientale del Piemonte da più di trecentocinquant’anni.
Pratrivero non è certo il luogo dove ti immagini possa sorgere un’azienda con oltre quattrocento dipendenti e una forte vocazione internazionale. Trenta chilometri di strade tortuose lo separano da Biella, un centinaio da Torino e altrettanti da Milano. Eppure mentre ci si avvicina al piccolo centro la zona, nonostante una geografia non certo favorevole, appare ricca di realtà manifatturiere, tutte in qualche modo legate al tessile. Sono aziende che hanno saputo fare della particolarità del territorio la loro ricchezza. Feltrificio Biellese, Lanificio Botto, Ermenegildo Zegna sono alcune delle indicazioni che si incontrano lungo la strada e che raccontano una storia fatta di tessuti e successi.
Il primo documento che attesta l’attività laniera svolta dalla famiglia Barberis Canonico risale al 1663: il “Quinternetto delle taglie” documentava le tasse dovute da tutti i capifamiglia al duca di Savoia e al feudatario locale, un certo Ajmo Barbero. In quell’antico manoscritto sono segnati alcuni pagamenti in contanti e un baratto: la cessione di un tessuto ordinario, la saia grisa. È interessante rilevare come la saglia, già prodotta in quelle zone in età romana, sia ancora oggi uno dei tessuti più venduti dall’azienda,
L’azienda è cresciuta di pari passo al miglioramento generale della vita e allo sviluppo tecnico-scientifico, ha beneficiato delle commesse per le forniture militari durante la Grande Guerra ed è riuscita a superare la seconda guerra mondiale, nonostante la carenza di manodopera e di materie prime. Nel 1936 è diventata Vitale Barberis Canonico e nel 1971 si è trasformata in società per azioni.
Una tradizione ultracentenaria rappresenta sicuramente una garanzia di qualità per chi si rivolge al lanificio, ma rappresenta anche “una grossa responsabilità” confessa Francesco Barberis Canonico, direttore creativo del lanificio che fa parte della nuova generazione, la tredicesima, alla guida della società dal 2008. Insieme a lui ci sono i cugini Alessandro e Lucia, rispettivamente amministratore delegato e responsabile di commercio e promozione. Il consiglio d’amministrazione rispecchia fedelmente i risultati delle ricerche di Ey, secondo i quali il
66% delle aziende familiari italiane presenta una dirigenza costituita da componenti della famiglia, contro il 25% medio degli altri grandi Paesi europei. Non è solo l’amministrazione del lanificio ad essere ancorata alla storia: “Un aspetto unico della nostra azienda è che, essendo in un piccolo paese, abbiamo dipendenti che sono di terza o quarta generazione”, rivela il direttore creativo. “Io lavoro con questi ragazzi, ma già mio papà lavorava con i loro padri e, prima ancora, mio nonno con i loro nonni. Siamo legati da un forte sentimento di comunità e questo è uno degli aspetti fondamentali della nostra longevità”.
Un’altra caratteristica identitaria del lanificio è il made in Italy. “Ogni anno produciamo circa dieci milioni di metri di tessuto e oltre l’ottanta per cento prende la strada dell’export”, afferma Francesco. “I principali mercati sono Cina, Stati Uniti, Regno Unito, Germania e Hong Kong. E questo perché oggi il tessuto e l’abito di qualità possono essere solo fatti in Italia. Per questo motivo abbiamo deciso di realizzare tutti i passaggi della lavorazione nel nostro Paese”.
Il made in Italy sembra essere la principale possibilità, per le numerose aziende della zona per recuperare, grazie all’export, il terreno perso negli anni della crisi. Dal 2003 al 2016 le imprese del settore si sono ridotte di oltre 650 unità, ma le cifre relative alla disoccupazione e all’export negli ultimi due anni raccontano una realtà diversa, quella di una ripresa che sembra meno lontana, con la disoccupazione passata dal 10,04% del 2014 al 7,9%, e le vendite oltre confine in aumento di oltre cento milioni di euro.
Forse ha ragione Francesco Barberis Canonico quando afferma che “nelle crisi si possono vedere anche delle opportunità. Abbiamo notato che la gente adesso è più attenta a quello che compra, puntando sulla qualità. Per noi che facciamo un prodotto medio alto questo è importante”.
A fronte di una situazione normativa ancora molto lacunosa, sia a livello italiano sia comunitario, in materia di made in Italy, l’azienda ha deciso di percorrere la strada della certificazione volontaria a tutela della produzione italiana.
Le materie prime invece arrivano da lontano. Le lane Saxon Merinos, per esempio, sono le più pregiate e vengono importate dall’Australia. Ogni anno il lanificio lavora circa tre milioni di chili di lana, ponendo attenzione all’impatto ambientale e al prodotto finale “privo di residui nocivi”. Entrando nella sala di tessitura laniera, ad esempio, l’attenzione del visitatore è attirata dalle cappe antirumore che sovrastano i macchinari. Servono a contenere l’elevato inquinamento acustico altrimenti prodotto durante la lavorazione. Lo stesso accorgimento vale per gli impianti di ventilazione dei fabbricati, studiati in maniera da ridurre al minimo il rumore per non disturbare l’abitato vicino. Grazie a questa attenzione all’impatto ambientale nel 2005 il lanificio è stato insignito del premio promosso dall’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro di Bilbao (Eu-Osha). Ma la ricerca e lo sviluppo non si fermano mai – confermano dall’azienda – così come alcuni dei più sofisticati macchinari in grado di lavorare autonomamente anche di notte, al buio, contenendo i costi e ottimizzando la produzione. L’eleganza nasce così, da radici lontane e dalla cultura del lavoro che si trasmette di generazione in generazione e si nutre di ricerca e innovazione.
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