Nulla di più lontano dallo stereotipo di strumento da balera, la fisarmonica è sempre amata e studiata dai giovani
di Paola Bertolotto
Non è raro, la prima volta che si vedono dei bambini suonare la fisarmonica, provare uno strano senso di anacronia. Ci si chiede come riescano a manovrare il mantice, enorme nelle loro mani; ci si chiede se il peso dello strumento non sia eccessivo sulle loro ginocchia; ci si chiede, in sostanza, come siano riusciti a rubare la fisa al nonno.
Dopo si notano i dettagli. Tipicamente i ragazzi che si esibiscono sono in gruppo e si caricano l’un l’altro, sono perfettamente concentrati nel loro ruolo, prendono la cosa sul serio come solo i bambini sanno fare. Viene anche da pensare che probabilmente il loro nonno non avrebbe mai osato prendere in mano una fisa come quelle che si vedono di recente sui palchi e nelle piazze piemontesi: coloratissime, intarsiatissime, fluo o coi brillantini o, addirittura e peggio che mai, con il nome della fidanzata scritto sul mantice.
“In effetti è un rischio, ma alcuni ce lo chiedono lo stesso. Bisogna sempre sperare che la fidanzata non ti scarichi”, dice ridendo Maurizio Camoletto di Verde, nipote del fondatore Giovanni Verde che le costruiva a Leinì dal 1893. Maurizio ora manda avanti uno dei quattro laboratori piemontesi oggi attivi. Gli altri sono a Vercelli: Ranco dal 1890, Cooperfisa dal 1921 e Teknofisa, più recente. Insieme, queste aziende formano la punta di quell’iceberg che è il mondo della fisarmonica in Piemonte.
Sono loro a disegnare, costruire, collaudare, vendere e riparare buona parte degli strumenti suonati in terra sabauda. Ma non parlano solo piemontese, dato che hanno un orizzonte globale. Dunque fiere di settore, esportazione, riconoscimento di eccellenza italiana artigianale. Se è vero che l’accordeon fu inventato a Vienna nel 1829, fu infatti solo con Paolo Soprani che si sviluppò lo strumento come lo conosciamo oggi, tanto che Castelfidardo è ancora una piccola Mecca per gli appassionati.
“Facciamo diverse fiere ed esportiamo moltissimo”, conferma Camoletto,“soprattutto Francia, Olanda, Belgio”. In cifre, si parla di un migliaio di fisarmoniche per anno che passano in azienda per le riparazioni, circa duecentonuove prodotte. Non sono poche, visto che ci vogliono duecento ore per produrne una, “ma è una media non attendibile”, sanciscono da Verde. Il livello di personalizzazione degli strumenti moderni è altissimo, sia nell’estetica (nei colori, nei decori, nelle scritte) sia soprattutto nelle caratteristiche tecniche (materiali di produzione, file di tasti) sia nella destinazione d’uso (da ballo, da orchestra, da studio).
La fisarmonica è uno strumento complicatissimo ed è ancora intatta la magia nei suoi laboratori di produzione, che in alcune aree sembrano un po’ la bottega di Geppetto. Capita di trovarci soffitti con volte in mattoni a vista e cassette di legno stracolme di attrezzi ignoti ad occhi profani.
Un artigianato puro, eppur non del passato: “Non si può certo pensare a una produzione come quella di cent’annifa, ci sono stati passi avanti”, spiega Camoletto, riferendosi all’introduzione di macchine a controllo numerico, che risolvono la levigazione del legno. “Qualcuno continua a dire che lo strumento viene fatto con il legno dell’albero scelto in fondo al giardino, ma è fantascienza. La cura dell’artigiano è importante, ma sta nell’unione dei materiali, nell’intonazione dello strumento, in tutte quelle parti del processo che non possono avere la stessa resa con una produzione a macchina”.
La capacità delle aziende piemontesi e italiane di innovare il loro iter di produzione ha significato anche l’allargamento della gammadi prezzo per gli strumenti. Nel novembre 2018 una fisarmonica nuova si può trovare anche a millecinquecento euro. È certo una cifra importante, ma non paragonabile ai seimila di una professionale o ai ventimila di uno strumento d’alta fascia completamente fatto a mano.
Come fanno i giovani neofiti a permettersela? Noleggiandole, come per tutti gli strumenti musicali. A che età si comincia a suonare la fisarmonica? Dall’asilo in avanti.
Cinzia Tarditi è un’insegnante professionista che fa parte di diverse fisorchestre – ci sono anche le sue fra le impronte dei grandi fisarmonicisti al Museo omonimo di Recoaro Terme – e parla con entusiasmo dei suoi piccoli musicisti: “Non sanno ancora leggere né scrivere, ma suonano!”
A sentir lei, l’aura da osteria che segnava il destino della fisa è già storia vecchia. Fra i 54 allievi che segue nell’anno 2018-19, molte sono le donne, moltissimi i minori di 18 anni. È stata sua l’idea di creare una fisorchestra di giovanissimi, gli Accordeon Kids. Hanno fra i 10 e i 15 anni e non suonano polke da piola ma musica rock. “Usano strumenti leggeri e li faccio lavorare su brani accattivanti, moderni e anche un po’ difficili”, spiega. “Quando ho cominciato mi dicevano tutti che era uno strumento da uomo e da vecchio. Ma chi l’ha deciso?”
Entrare in questo discorso con un appassionato è un po’ come farsi travolgere da un fiume in piena. Chiunque abbia a cuore la fisarmonica e le sue ore di studio della musica, infatti, finirà per scontrarsi con il pregiudizio che l’avvolge. Questo vale soprattutto in Italia e soprattutto in Piemonte, dove alla fisarmonica è stato interdetto l’accesso ai conservatori fino al 1993. In quello di Torino, ad oggi, non c’è un corso dedicato e per il diploma si va in altre regioni, “tipicamente ad Aosta, ma la cattedra è altalenante”, conferma Tarditi, “ed è difficile anche trovare insegnanti di fisarmonica[meno di dieci scuole dedicate in Piemonte, ndr]”.
Tarditi cita spesso le sue esperienze in giro per l’Italia e la considerazione migliore che lo strumento ha fuori dalle valli piemontesi (“siamo fuori dal mondo, qui!”) e le sue parole trovano riscontro nella cultura e nella storia. John Lennon provava i pezzi con la fisa, prima di portarli sul palco con la chitarra. Per gli argentini, che l’hanno nobilitata con il tango, è strumento nazionale. Sono note le parole di Garcia Marquez: “Io personalmente farei innalzare una statua a questo mantice nostalgico, amaramente umano, che tanto ha dell’animale triste”.
Nella prima metà del Novecento i fratelli Deiro erano dei superdivi del settore. Piemontesissimi, partiti da Salto Canavese ed approdati a Hollywood e New York, ambiziosi e litigiosi, hanno inciso oltre 100 brani ognuno, suonati ancora oggi: Pietro Ritornaè fra i cinque per fisarmonica più conosciuti al mondo. Per non citare la loro vita da star: viaggiavano in prima classe su carrozze private, facevano tournée intercontinentali con tutto esaurito ovunque, colonne sonore di film, matrimoni con dive del cinema come ogni Di Caprio e Lenny Kravitz che si rispetti. Tutto grazie alla fisarmonica.
Come può uno strumento simile rimanere stretto nel ruolo di passatempo per vecchi? Camoletto lo esclude categoricamente: “Negli anni ’70, quando uscivo di casa, la nascondevo per la vergogna. Oggi è pieno di giovani che iniziano a suonare, soprattutto negli ultimi anni. Molto è dato dall’opera delle scuole e dall’innalzamento del livello musicale in generale”, per cui chi insegna oggi ha studiato e sa mostrare la forza dello strumento. La fisarmonica infatti è l’unica a combinare l’espressività (per l’intensità del mantice) con la polifonia (per la tastiera). “In fondo, è anche lo strumento più giovane: è nata a fine ‘800”.
“È difficile fare una stima di quanti suonino in Piemonte”, dice Tarditi, “Ci sono più giovani e ci sono più donne e non c’è niente che mi dia più soddisfazione, dopo un concerto, che sentire dal pubblico che non si aspettava classica o brani diversi dalla tradizione popolare”, e conferma, “Per quello che verrà dopo di me, sicuramente la cosa sarà cambiata”.
Questo articolo ha ricevuto una menzione d’onore alla XII edizione del Prmeio Piemonte Mese, Sezione Cultura