La seconda più alta costruzione torinese è… un termovalorizzatore
di Diego Vezza
In attesa del grattacielo Intesa, una nuova Mole svetta nel cielo di Torino. Niente a che vedere con le forme ardite dell’indiscusso capolavoro antonelliano, eppure con i suoi centoventi metri di altezza si attesta come la seconda più alta costruzione della città sabauda, lasciandosi alle spalle la Torre Littoria di piazza Castello e il campanile di Santa Zita.
Per gli abitanti della Decima Circoscrizione è ormai un’immagine ben consolidata. Così come per tutti gli automobilisti che ogni giorno le sfrecciano accanto, nei pressi dell’uscita Interporto Sito della tangenziale torinese. Non è una semplice ciminiera, come se ne vedono a decine nelle aree industriali della prima periferia, bensì il camino del termovalorizzatore del Gerbido, che verrà completato entro la fine del 2012. Attualmente la finitura esterna della struttura si presenta in calcestruzzo grezzo, ma al termine dei lavori assicura l’ingegner Di Bartolo, Responsabile Unico del Procedimento “l’impatto visivo della costruzione sarà attenuato da una colorazione azzurra che richiamerà quella del cielo”.
La forma ellissoidale studiata da Stile Bertone, frutto di attente analisi modellistiche, tende a minimizzare sia la concentrazione di inquinanti al suolo, sia l’impatto del vento. All’interno dei quindici metri dell’asse maggiore, ospiterà le canne fumarie che provvederanno alla dispersione, in alta quota, dei fumi di combustone depurati dagli inquinanti. Inoltre, a cantiere ultimato, sarà dotato di un ascensore panoramico che porterà i visitatori sul punto più alto dell’impianto. Dal 2002, la T.R.M. S.p.A. Trattamento rifiuti metropolitani ne segue la progettazione, la realizzazione e la futura gestione. Società interamente a carattere pubblico, in cui l’attuale socio di maggioranza è il Comune di Torino con una quota superiore al 95%. Quota che verrà sensibilmente ridotta se la valutazione in corso delle tre principali società partecipate dal Comune, GTT e Amiat oltre a T.R.M., porterà ad una parziale privatizzazione e quindi ad un necessario riassetto economico e sociale all’interno dell’azienda.
La definitiva dismissione della discarica di Basse di Stura, nel rispetto delle direttive comunitarie orientate alla salvaguardia dell’ambiente, ha segnato un importante momento di svolta nella gestione del ciclo dei rifiuti. Il termovalorizzatore a partire dal 2013 avrà quindi il compito di accogliere i residui urbani e assimilati della raccolta differenziata, provenienti da buona parte della Provincia di Torino. A pieno regime, il carico massimo ammissibile non potrà superare le 421.000 tonnellate annue, solo una parte del totale prodotto da tutti i Soci partecipanti. Grazie alle sezioni di recupero termico, dall’incenerimento dei rifiuti si potranno ottenere energia elettrica e vapore di cogenerazione da riversare nel circuito del teleriscaldamento cittadino, trasformando così la città di Torino in una delle più teleriscaldate d’Europa.
Ogni anno assicurerà, secondo le stime di progetto, energia elettrica per oltre 175.000 famiglie e calore per 17.000 abitazioni, con un risparmio di 70.000 tonnellate di combustibile tradizionale. L’intero costo dell’opera, che si aggira intorno al mezzo miliardo di euro compresi tutti gli oneri finanziari, dovrà essere ripagato tramite la vendita dell’energia elettrica prodotta, a cui si aggiungeranno i ricavi derivati dallo smaltimento dei rifiuti e dall’emissione di certificati verdi. Ciononostante, in questi anni, numerose sono state le critiche da parte di ambientalisti e detrattori del progetto in sé. La paura di respirare un’aria ancora più inquinata di quanto già non sia attualmente, così come una possibile svalutazione degli immobili nelle prossimità dell’impianto e l’eventuale comparsa di nuove malattie congenite, sono i motivi ricorrenti del malcontento generale che si respira intorno al termo valorizzatore. “Il processo di combustione dei rifiuti avviene alla temperatura di circa 1.000°C, livello al quale non può verificarsi la formazione della diossina. Guardiamo cosa succede in Europa. Città come Vienna e Montecarlo, afferma l’amministratore delegato Bruno Torresin, sono dotate di impianti completamente integrati al tessuto urbano, mentre il progetto del nuovo termovalorizzatore di Copenhagen prevede addirittura una pista da sci sulla copertura”.
Recentemente T.R.M., grazie a processi di partecipazione e comunicazione integrata con i quali manifesta la sua totale trasparenza nei confronti delle comunità locali, ha istituito visite guidate in cantiere durante le quali si potrà constatare in prima persona l’avanzamento dei lavori. Il nuovo centro visitatori, inaugurato il 18 novembre 2011 alla presenza del sindaco Piero Fassino, è rivolto a studenti, enti e comunità scientifiche. Al suo interno ospita dettagliati pannelli informativi sul funzionamento dell’impianto, affiancati da un’area gioco per l’infanzia con grandi puzzle tridimensionali e postazioni informatiche in cui verranno proiettati tour virtuali all’interno del complesso, fruibili in modo autonomo. Gerry Bidon, la simpatica mascotte del termovalorizzatore, guiderà il visitatore alla scoperta dei segreti del cantiere.
Al di là dei dati puramente tecnici dedicati agli esperti del settore, dal percorso di visita emerge chiaramente che il problema non sia se costruire l’inceneritore, ma quanticostruirne. Uno solo, infatti, non sarà sufficiente a smaltire la mole di rifiuti non riciclabili attualmente prodotta. E per quanto la raccolta differenziata possa espandersi in altre aree territoriali, o migliorare l’efficienza nelle zone già interessate, non è fisicamente possibile eliminare la percentuale di rifiuti residui. Le nuove normative, del resto, non permettono di conferirli direttamente in discarica senza una forma di recupero energetico che produca elettricità e calore. L’Europa ce lo chiede. “Qualcuno potrebbe obiettare che esistono altre tipologie di smaltimento, come la pirolisi o la gassificazione, aggiunge l’ingegner Di Bartolo, ma tali impianti devono prevedere una totale omogeneità dei rifiuti in ingresso. Altrimenti rischiano di non essere efficaci né dal punto di vista ambientale, né economico”.
Ma nei volti dei torinesi si legge ancora tanta diffidenza: va bene risolvere il problema, ma non nel mio giardino, grazie. Eppure, l’impianto di termovalorizzazione garantirà un importante processo di riqualificazione per l’area del Gerbido, con notevoli ricadute per il quartiere.
In un continuo dialogo con le istituzioni del territorio, sarà un luogo aperto ai cittadini, dotato di spazi pubblici e centri polifunzionali in cui potranno svolgersi mostre, manifestazioni ed eventi culturali. “È di fondamentale e primaria importanza, ha sottolineato Piero Fassino in occasione della visita in cantiere, che tutti i cittadini conoscano bene l’area dove sorgerà l’impianto, comprendendone appieno il funzionamento e le finalità. In questo modo potranno verificare con mano i criteri e le scelte con cui l’Amministrazione intende rispondere all’interesse della comunità. La conoscenza, del resto, è funzionale ad evitare paure e diffidenze”.
Questo articolo ha ricevuto una menzione alla V edizione del Premio Piemonte Mese, sezione Cultura e Ambiente