A Saluggia Leonardo Leuci inventa biciclette futuribili
di Mauro Ravarino
Disegni, bozzetti, matite e colori. Un rosso fiammeggiante come quello di una Ferrari. E linee intrepide, come in una striscia di Flash Gordon. Qui i cacciaviti stanno al posto dei pennelli e i bulloni servono a intelaiare l’opera. Nella bottega di Leonardo Leuci, a Saluggia, c’è un mondo. Rigorosamente a pedali. Dalle classiche due ruote ai prototipi dalle forme più strane.
Tutto nasce da una lunga passione, da ciclista dilettante prima a disegnatore poi. 53 anni, Leuci ha lavorato in Messico e in Italia per la nota azienda torinese Benotto, successivamente si è messo in proprio ed ha incominciato a progettare prototipi innovativi. Ed è nel retrobottega del suo negozio che l’arte di inventare prende il sopravvento. Macchine all’avanguardia, una specie di un Leonardo… della bicicletta: avete presente la macchina volante, la gru escavatrice e, addirittura, la bicicletta ideate dal genio del Rinascimento?
Attualmente, l’artigiano Leuci ha appena completato uno strano veicolo a trazione umana: una bicicletta da corsa reclinabile a tre ruote, monoposto, completamente chiusa e accessoriata, un mezzo ecologico e sostenibile (ha anche un piccolo pannello solare incorporato). È di colore rosso fiammante, ha un’aerodinamica affilata e un telaio di lega leggera: tre grandi ruote lenticolari, un assetto ribassato e un muso che spazza via l’aria. Una monovolume. Sembra uno scooter del futuro, ma non lo è (la pedalata sarà, al massimo, assistita).
È un progetto che, a livello embrionale, Leonardo ha iniziato quasi trent’anni fa. Lo spunto fu un fotogramma o poco più: “L’idea mi è venuta nei primi anni ’80, guardando un programma televisivo americano che raccontava una gara di biciclette non convenzionali. Cose che succedono negli Stati Uniti, ma purtroppo non da noi, né in Italia né in Europa. Nella mischia notai una bicicletta reclinabile a tre ruote, mai vista prima. Da quell’immagine nasce questo progetto che ho portato avanti, a ritmi alterni, per tutti questi anni”.
È stato il figlio diciottenne, Andrea, a spingerlo a completarlo e a risolvere, insieme, i problemi di sterzo. “Avevo utilizzato e rimodulato il sistema di sterzata dei risciò, ma a 40 chilometri all’ora il veicolo vibrava. Non funzionava come volevo. Per alcuni anni ho accantonato il progetto. È stato Andrea a convincermi a continuare. Mi sono messo d’impegno e ho disegnato e costruito due mozzi nuovi. Gli ultimi mesi sono stati di lavoro intenso e duro per entrambi. Ma quando io e Andrea abbiamo provato il nostro gioiellino, la soddisfazione di vederlo sfrecciare ci ha ripagato tutto lo sforzo”. I Leuci hanno esposto il prototipo per la prima volta alla Festa della Birra di Villareggia, dieci chilometri a nord risalendo la Dora Baltea. L’ha guidato Andrea: “Divertentissimo, meglio di una Ferrari. Altre volte sono andato a pesca, ho appeso sul retro la bandiera italiana per farmi notare. Ora, mi piacerebbe fare corse”.
Leonardo Leuci ha iniziato a lavorare per Benotto appena finita la scuola superiore. Benotto è un marchio storico, un nome sacro per gli amanti della bicicletta, che nasce a Torino nel 1931 da una idea di Giacinto Benotto, giovane ciclista di 24 anni. Presto la produzione raggiunge le 500 biciclette al giorno, un numero record per gli anni Trenta. Dopo vent’anni Giacinto Benotto assieme a moglie e figlie decide di provare nuovi orizzonti in America. Così il 21 agosto 1952 arriva a Guadalajara, in Messico. Ed è a Città del Messico che Leonardo nel 1979, finito il servizio militare, viene mandato, col compito di insegnare agli operai messicani la costruzione di telai da corsa. Tornato in Italia alcuni anni dopo, apre a Chivasso un’officina, continuando a lavorare per Benotto. Poi decide di mettersi in proprio, e da 18 anni ha un negozio a Saluggia, dove ha anche il suo laboratorio: la bottega delle tante invenzioni.
La monoposto da corsa rossa, reclinabile a tre ruote, non è stato l’unico modello in cantiere. Leuci è stato tra i primi in Italia a introdurre la Bmx e la mountain bike. Dopo, la fantasia si è spostata sulle tre ruote: “Sto completando una specie di tandem a tre ruote con sedili affiancati”,spiega Leonardo, indicando il modello costruito attualmente in ferro. “L’intento è completarlo per quest’estate, pronto per andare al mare, a Lignano Sabbiadoro. C’è posto per le valigie e tutto l’occorrente. L’obiettivo è fare 500 chilometri in un giorno”. Le biciclette di Leuci prevedono la possibilità di pedalata assistita: all’azione propulsiva umana si aggiunge quella di un motore.
Il sogno di famiglia è far conoscere e provare a una platea più ampia questi mezzi sostenibili. Con il prototipo già completato della monoposto da corsa rossa, Leonardo e Andrea vorrebbero coinvolgere grandi comuni e altri enti. Ci stanno provando: in tempi di crisi il bike sharing può diventare una carta in più per uscirne: “La speranza è di riuscire un giorno a costruirlo in serie. Sarebbe un’ottima city car, comoda e sicura. E sarebbe bello che tutti i pezzi venissero costruiti in Italia”.
Il sogno continua. “La sapienza è figliola dell’esperienza” avrebbe detto l’altro Leonardo …