Un tesoro di natura e geologia a due passi dalla città
di Fabiana Re
Un’oasi verde abbastanza distante dalla città da simboleggiare l’ideale “fuga nella natura”, ma abbastanza vicina da essere comodamente raggiungibile per una gita: l’Area Contigua del Torrente Stura di Lanzo ha tutte le caratteristiche che predispongono al successo. Eppure per decenni questo luogo idilliaco è stato dimenticato, confinato nella definizione di “zona periferica” e sottovalutato dai suoi stessi abitanti, non avvezzi a considerarlo un luogo ricco di attrattive.
La storia della rinascita dell’area ha inizio negli anni Duemila, con l’approvazione del Progetto Corona Verde Stura in sede regionale e lo stanziamento di fondi per il suo recupero. Tale progetto, all’interno dell’iniziativa di più ampio respiro Corona Verde, ambisce a creare una rete di percorsi ciclopedonali lungo il Torrente Stura di Lanzo per collegare le residenze reali cittadine con la “cintura verde” di parchi, aree rurali e fluviali che abbraccia Torino.
Oggi le sponde del torrente Stura sono bordate da 26 chilometri di piste ciclabili che attraversano i comuni di Cafasse, Ciriè, Mathi, Robassomero, Villanova Canavese e Nole, comune capofila dell’iniziativa. Percorrendo le strade asfaltate o sterrate in sella alla propria bicicletta, i turistidella Corona Verde hanno la possibilità di apprezzare le bellezze naturali che sono valse a questo territorio la promozione a Sito d’Interesse Comunitario e l’ingresso nella rete ecologica difesa dall’Unione Europea per la conservazione della biodiversità. Tabelloni esplicativi guidano i visitatori alla scoperta della storia locale, della cultura popolare e, soprattutto, dei siti naturali più rilevanti; tra questi, sono la foresta fossile e l’oasi naturalistica “I Gorèt” a riscuotere maggiore interesse, essendo essi al centro di studi e programmi di recupero. Non solo: la magia di questi luoghi scaturisce dall’incontro tra i sussurri del passato, le voci delle tradizioni locali e il fascino della natura.
La foresta fossile, situata lungo il Torrente Stura, narra una storia di tre milioni di anni fa, quando il fiume non aveva ancora un proprio alveo e al suo posto scorrevano innumerevoli rivoli d’acqua, i quali si facevano strada tra gli alberi di una lussureggiante foresta e creavano piccoli stagni tra i mastodontici tronchi di Glyptostrobus, conifera ormai estinta. Molto tempo è trascorso e la natura ha fatto il suo corso: anno dopo anno, il fiume ha depositato lungo i suoi argini sedimenti argillosi, che hanno seppellito i vegetali trasformandoli in fossili. Miracolo della natura per chiunque non abbia conoscenze scientifiche, normale processo chimico per i ricercatori: le argille, impermeabili all’aria, hanno ricreato un ambiente anaerobico che ha preservato i resti vegetali dalla decomposizione. “Lo stato di conservazione dei reperti è spesso ottimale, tanto che si possono definire mummificati”, scrive Edoardo Martinetto, paleontologo presso l’Università di Torino. Come tesori custoditi in uno scrigno, i reperti fossili sono tornati alla luce solo in tempi recenti grazie all’azione erosiva del fiume e alle sue violente piene; ufficialmente identificati nel 1985, sono interessante oggetto di studio per ricercatori e appassionati, attratti soprattutto dalla presenza del già citato Glyptostrobus. Ma non solo: come scrive Martinetto, vi sono anche “grandi ceppi in posizione di crescita, (…) porzioni di tronchi, rami, radici, foglie, frutti e semi”. Un preistorico mondo vegetale dalle caratteristiche rare: se è vero che in territorio italiano vi sono numerose foreste fossili, bisogna però sottolineare il fatto che queste sono geologicamente “giovani”, risalendo in media a diecimila anni fa.
A un chilometro dalla foresta fossile si incontra l’area dei Gorèt, 15 ettari di boschi e ameni stagni asilo di decine di specie animali. I Gorèt devono il loro nome alla parola del dialetto locale gure, usata per indicare i salici che crescono spontanei lungo le rive del torrente, le cui fronde erano utilizzate in passato per creare cesti o per legare le viti. Un’area naturale intrisa di storia, profondamente segnata dal passaggio degli antenati, che qui hanno costruito passerelle in legno sul fiume le cui tracce sono ancora oggi visibili, e a cui gli indigeni sono particolarmente legati. Il forte legame è percepibile anche nelle parole di Piero Beria, non solo proprietario dell’Oasi ma anche suo custode e difensore: “Le aree dei Gorèt sono state acquisite con i risparmi del nostro lavoro e con grandi sacrifici”, afferma con orgoglio. La parola “difensore” non è scelta casualmente: il fragile ambiente locale è stato in passato pesantemente minacciato, e il lavoro di riqualificazione è un lungo cammino intrapreso a inizio anni ’80, con la ricostituzione di preziosi ecosistemi di ripa. La ferita inferta a questi territori negli anni ’60, quando si è scavato per il prelievo di ghiaia senza regole né valutazione dell’impatto ambientale, è ora rimarginata, e le attività che ruotano intorno al loro recupero sono più effervescenti che mai. Nel 1986 la famiglia Beria, dopo aver preso le redini della situazione, ha avviato un progetto di cava integrata, lavorando con passione per favorire il ritorno della vegetazione del bosco, un tempo dominante. Il 2014 è stato un altro anno importante nella storia dell’Oasi: con l’azienda agricola di famiglia, i Beria hanno partecipato a unbando regionale destinato a progetti di fruizione in zone interessate da attività estrattive, classificandosi al primo posto. L’ambizioso piano dei Beria prevede di rendere l’oasi naturalistica fruibile al pubblico, accessibile alle persone disabili e attrattiva per gli ecoturisti. Tra le attività proposte, la creazione di un Centro polivalente per attività didattiche, l’allestimento di un punto tappa-ristoro, la realizzazione di nuovi percorsi naturalistici e di uno stagno balneabile.
A tutt’oggi, tuttavia, il verde eden del torrente Stura è ancora una terra promessa in pericolo. Se, da un lato, Piero Beria ammette che purtroppo al momento “i Gorèt hanno aperture limitate nel tempo e solo su prenotazione”, le frequenti piene del torrenteStura incombono sulla foresta fossile con il concreto rischio che essa venga insabbiata o asportata dalle correnti. Il ricco patrimonio naturalistico da cui questa zona del Torinese è benedetta non riceve ancora le dovute attenzioni, e le sue potenzialità nell’attrarre turisti e appassionati non sono sfruttate in modo proficuo.
Vi sono forti segnali che fanno immaginare un domani migliore, in cui l’area del torrente Stura possa affermarsi come perla delle Valli di Lanzo e delTorinese. L’oasi naturalistica dei Gorèt ha le carte in regola per potenziare attività ludiche e ricreative con ragazzi disabili, nonché manifestazioni sportive e culturali in collaborazione con le associazioni locali; tra queste ultime, ricordiamo gli spettacoli del Festival Internazionale di Teatro di Strada “Lunathica”, che nel 2017 e nel 2018 hanno animato le notti nell’oasi con esibizioni di danza e teatro e fatto scoprire al grande pubblico la forza dell’incontro tra arte e natura.
Guardando al futuro, fa ben sperare il neonato progetto VELA, approvato nel giugno 2018 e integrante il tracciato della Corona Verde Stura in un più ampio percorso sull’asse Venaria-Lanzo. Secondo il disegno ufficiale, Gorèt diverranno il trait d’uniontra l’area umida del torrente stura e la foresta fossile, utilizzando il centro polivalente come punto di documentazione sui reperti e ricostruendo in uno degli stagni il paleo-ambiente di tre milioni di anni fa.
Questo articolo ha vinto la XII edizione del Premio Piemonte Mese, Sezione Economia, Turismo, Ambiente