La tipografia di Alpignano che ammaliò Neruda
di Silvia Terribile
Nella sua Ode alla tipografia, Pablo Neruda racconta del suo grande amico Alberto Tallone, fondatore dell’omonima casa editrice: “Tallone d’Italia, per molti di voi è solo un nome; per me significa moltissimi ricordi. Lo ammirai da prima di conoscerlo: i suoi bei libri, la sua immacolata tipografia creata da lui stesso; come i Gutenberg creò anch’egli i suoi caratteri. E mai avrei pensato che la vita mi avrebbe concesso un così alto onore come la direzione che hanno preso i miei libri. Alcuni furono stampati proprio da lui”.
Che cosa renda tanto speciale questa tipografia ce l’ha raccontato Elisa Tallone, nipote di Alberto e sua erede: “Cerchiamo di interpretare i libri ispirandoci ai loro contenuti e all’autore, se vivente. Ad esempio, un formato intimo ben si adatta alle poesie; per riflettere una personalità esuberante potremmo utilizzare, invece, un formato più arioso e quasi floreale. Il nostro lavoro è quello di stampare capolavori della letteratura, dando loro una veste che li valorizzi”.
Scelta coraggiosa ma vincente, la composizione a mano (quattro ore per pagina) è accompagnata dall’elevatissima qualità dei materiali.
L’occasione per visitare questo gioiello del torinese si è presentata durante “Libri in Luce”, la fiera del libro tenutasi ad Alpignano nel dicembre 2015. “Dobbiamo investire per valorizzare la Stamperia Tallone, che è stata la nostra storia, ma che è ancora la nostra realtà. Libri in Luce serve proprio a questo: è una realtà all’interno della storia”, ha dichiarato il sindaco Gianni Da Ronco.
Ma entriamo nel vivo della visita: nel cortile della stamperia si trova qualcosa che nel 1962 spiazzò Neruda e consorte.
Giunto ad Alpignano perché folgorato da un’edizione Tallone notata in una libreria Garzanti di Milano, lo scrittore cileno ricorda il proprio arrivo con queste parole: “Giungemmo lì, però all’improvviso mi sentii turbato, perché, non era possibile: c’era una locomotiva con dei vagoni e la locomotiva stava emettendo fumo. Dissi a Matilde: Ci siamo sbagliati, questa è la stazione del paese. Nossignore! Tra le altre cose il gran Tallone collezionava locomotive e aveva acceso la locomotiva perché il fumo mi indicasse da lontano la sua casa”.
Già, Tallone e Neruda non erano uniti solo dalla passione per i libri, ma anche da quella per i treni.
Delle due locomotive alpignanesi, la prima, del 1900, è la più antica esistente al mondo; l’altra, del 1919, è una vaporiera da guerra americana. Se Tallone non le avesse salvate, con l’avvento del treno elettrico sarebbero state demolite. Tallone fece anche costruire 42 metri di binario, utilizzati per andare a trovare scherzosamente il fratello.
Neruda, figlio di un macchinista delle ferrovie cilene, ne fu talmente affascinato che decise di comprarne una tutta per sé: ed è così che davanti alla sua casa di Isla Negra, in Cile, oggi Museo Nazionale, si trova una piccola locomotiva, gemellata con quella di Alpignano.
Ma le meraviglie del giardino non sono finite: troviamo anche una macina in pietra, con cui fino agli anni ’60 si produceva la carta dagli stracci.
Avvincente immaginare la storia di quella carta che, da vestiti, vele di navi o quant’altro, andava a formare le pagine di un libro. Resi inutilizzabili a causa dell’introduzione dell’acrilico, gli stracci sono stati sostituiti da cotone di piantagione di altissima qualità, il cui pH basico permette ai libri di conservarsi e non ingiallire nel tempo.
Entriamo, quindi, nella stamperia ancora in funzione più antica al mondo: nata in Francia nel ‘700 e arricchita da otto generazioni di stampatori, usa oggi gli stessi strumenti di allora.
La storia della professione di Alberto Tallone iniziò quando, librario antiquario a Milano, spinto dal desiderio di diventare vero artefice del libro, decise di lasciare tutto e andare nei pressi di Parigi, a Châtenay-Malabry. Qui, grazie alla lettera di presentazione dell’amica Sibilla Aleramo, divenne apprendista del noto tipografo Darantiere.
La sua prima stampa fu una lettera alla madre del 1932, in cui l’entusiasmo per il suo lavoro lo portò a definirsi “il più felice degli operai”. Del ’33 la sua prima opera significativa, la Vita Nuova di Dante. Nel 1938 ereditò i torchi e i piombi del maestro francese e, dopo un periodo in cui l’atélier venne trasferito all’Hôtel de Sagonne di Parigi, l’ormai celebre tipografo optò per il ritorno in patria: tutto venne traslocato in una proprietà della madre, la poetessa Eleonora Tango, ad Alpignano.
Il 1960 fu l’anno dei grandi festeggiamenti: la stamperia alpignanese venne inaugurata alla presenza, fra l’altro dell’ex Presidente della Repubblica Luigi Einaudi.
In quegli anni e nei primi del decennio successivo, si ebbero le pubblicazioni di quattro inediti di Neruda, tra cui la raccolta di poesie Sumario. Libro donde nace la lluvia, in versione spagnola e italiana.
Oggi come allora, vediamo qui il torchio, tuttora in funzione, che diede vita alla prima edizione dell’Ulisse di James Joyce. Presenti tutti i macchinari originali, compreso quello che, nel 1949, stampò un’edizione del Canzoniere petrarchesco, definita da Giuseppe Ungaretti “un miracolo”.
E poi l’immensa collezione di caratteri incisi a mano, unici al mondo e utilizzati ancora oggi grazie alla lega di antimonio, stagno e piombo che li rende così resistenti.
Tra una gamma così vasta spiccano il Caslon del ‘700, considerato il carattere inglese più bello mai realizzato, e il Garamond, reinterpretazione di un classico cinquecentesco. Inevitabile, poi, che Tallone stesso creasse un carattere: essenziale come nel suo stile, il Tallone del 1949 è classico e arioso al tempo stesso. I caratteri vengono inchiostrati con pigmenti naturali, che presentano oltre cento tonalità diverse di nero.
Proseguiamo il nostro viaggio al piano di sopra: insieme agli autografi e alle dediche di tutti quei grandi della storia e della letteratura che hanno apprezzato il fascino delle Edizioni Tallone, possiamo ammirare i libri cuciti a mano.
Tra le ultime pubblicazioni, colpisce il Pinocchio che ha impegnato la tipografia per quasi tutto il 2014. Prodotto in 450 esemplari, la sua carta ne riflette l’essenza: carta turchina per 190 copie, carte provenienti da Collodi per le restanti 260.
Dal primo all’ultimo volume, caratteristico lo slancio della pagina, raggiunto grazie alla forma allungata e agli ampi margini. Uno stile classico, ma basato su un concetto di linearità e armonia che risulta assai moderno.
Tradizione, dunque, ma anche innovazione. Afferma con orgoglio Elisa Tallone: “Abbiamo imparato il mestiere fin da piccolissimi, quasi giocando. La lezione del passato ci guida in un lavoro che cambia ogni volta. Ci siamo sempre rifiutati di adagiarci su formati standard: ogni libro è un’opera nuova e unica”.
Questo articolo ha ricevuto una menzione alla IX edizione del Premio Piemonte Mese, Sezione Cultura