Da decenni Mary Morgillo è pioniera e protagonista della pittura e dell’incisione
Intervista di Nico Ivaldi
Fa caldo, nell’atelier di Mary Morgillo, pittrice e incisore. È qui, in questa ampia veranda attrezzata da studio, con vista sui tetti di san Salvario, che l’artista continua a “sublimare la vita” con la sua arte.
“Quando fa troppo caldo non riesco a lavorarci, questo è un posto infuocato, i colori seccano in fretta” si lamenta Mary, contemplando tele vergini appoggiate su lunghi tavoli di legno e lastre da incidere. “Sogno che un mecenate estimatore della mia arte mi ceda un’ala del suo castello, così non smetterei più di lavorare!”
Mary Morgillo ha tanti anni, ma l’arte non invecchia né fa invecchiare chi la coltiva, come disse qualcuno. È ancora una donna risoluta, dinamica, piena di vita; piccola, ma dal grande temperamento. “Un’artista che da decenni lavora con eleganza e in modo appartato”, sono parole del critico Paolo Levi.
Dobbiamo immaginarcela quasi sessant’anni fa, giovane matricola nell’Accademia, col suo caschetto biondo e il piglio dell’allieva sfrontata che vuole superare i maestri, scricciolo tra giganti come Felice Casorati e Mario Calandri, uno dei massimi incisori del ventesimo secolo.
“Dovendomi confrontare con grandi artisti e maestri sono per forza diventata grande. Non era facile aiutarmi perché con la fantasia andavo oltre tutto. Quello che stavo facendo come incisore era così nuovo e innovativo che non veniva capito da tutti. Sì, ho fatto molta difficoltà agli inizi”.
Ci aiuti a capire meglio la sua storia.
“Provengo da un piccolo paese della Campania, Ariano Irpino. Mio papà era ferroviere e a causa dei suoi spostamenti ho fatto le scuole elementari tra Torino, la Sardegna e la Valle d’Aosta. Arrivavo a casa sempre con la medaglia perché i miei erano i migliori disegni della classe. Ero dotata fin da piccola e ho scoperto subito che il mondo è un’immensa scenografia. Quando guardavo un semplice albero, io non vedevo soltanto la parte reale, con i rami e le foglie, lo vedevo con delle cose intorno: un sole, una luna, un bambino, una testa che spuntava. Il mondo è più bello se visto con gli occhi di un artista, non crede?” dice Mary cercando l’approvazione dell’intervistatore. Il quale, per il semplice fatto di indossare una polo blu (“non è blu, è una delle tante sfumature di blu, il colore spirituale per eccellenza” sottolinea l’artista) si è reso subito simpatico ai suoi occhi.
Assiste all’intervista Calogero Baglio, per gli amici Lillo, intellettuale, poeta e appassionato d’arte, amico e collaboratore stretto dell’artista, che ci ricorda sottovoce il dramma che ha segnato la vita della Morgillo e forse, in qualche modo, ne ha indirizzato l’arte.
“Mary si porta dietro una ferita incancellabile, la morte improvvisa dell’unica figlia, Alida, che all’epoca aveva diciassette anni. Per diversi anni interruppe la sua attività artistica per il dolore lacerante. La riprese in funzione terapeutica, grazie all’arte è rinata perché l’arte ha una funzione consolatoria, come diceva Picasso”.
Intanto lei, Mary, ascolta a capo chino senza intervenire. Si limita a scrollare il capo e a sfogliare con indifferenza un catalogo d’arte, quasi le parole di Baglio non la toccassero…
Per moltissimi anni la Morgillo ha insegnato disegno, poi incisione e per non farsi mancare nulla ha anche diretto una galleria d’arte, la Doria, fino agli anni Ottanta e con ottimi risultati.
“Mi piaceva stare in galleria perché era come se avessi ancora bisogno di respirare arte. Quando a Torino hanno chiuso la mia come altre gallerie è stata una tragedia per tanti pittori. Ci è mancato l’ossigeno, la città ha perso tanto”.
Torniamo all’incisione, tecnica per la quale la Morgillo è considerata una pioniera in Italia, e tutt’oggi gli artisti come lei che si rifanno alla tecnica per esempio di un Francisco Goya – le cui acqueforti, acquetinte e successivamente litografie, hanno rappresentato un elemento imprescindibile nel tragitto artistico dello spagnolo – si contano ancora sulle dita di una mano.
Ci spiega Baglio: “Di solito le incisioni si fanno in bianco e nero. La Morgillo, sulla lastra incisa, apporta anche sei, sette colori, che per gli anni Sessanta rappresentavano una novità. È un lavoro lungo, che può portare via anche cinque giorni”.
Aggiunge l’artista “Già in Francia esisteva una tradizione delle incisioni a colori. Io ho scoperto la tecnica durante un giovanile vagabondaggio parigino per gallerie d’arte. Avevo compreso la tecnica ma dovevo imparare a usarla”.
Spieghiamo meglio il procedimento.
“Nell’incisione in bianco e nero, dice Baglio, esiste una tiratura, ossia Il totale degli esemplari ricavati da un’unica lastra incisa, con le debite operazioni di stampa. Se la incide in bianco e nero, di solito l’artista le numera, da uno a dieci o da uno a trenta e così via; l’artista dunque fissa una tiratura che per ragioni tecniche di valore deve essere costituita da un numero limitato di esemplari. Per quanto riguarda le incisioni a colori della Morgillo, Luciano Cherchi (fratello del famoso artista Sandro Cherchi, il quale, proprio nello studio della Morgillo ha imparato la tecnica dell’acquaforte) definiva le incisioni a colori della Morgillo “monotipi” per la loro unicità. Se la matrice è la stessa – la lastra incisa morsa dall’acido – le operazioni di stesura, la scelta del colore, cambiano di volta in volta creando sempre e comunque un risultato diverso dall’esemplare di turno, carico, appunto, dell’emozione propria dell’unicità. La numerazione data dall’artista è, in fin dei conti, una pura formalità che dovrebbe informarci per quante volte è stata usata quella lastra. In realtà, ogni esemplare di acquaforte a colori è unico, per questo nelle acqueforti a colori della Morgillo non si trovano la numerazione, la tiratura, perché ogni esemplare è uno e uno soltanto”.
Mary, come fu accolta questa forma d’arte nuova?
“Appena uscita dall’Accademia, ero già diventata ‘la Morgillo’. Tutti i critici hanno sempre scritto bene di me. E non potevamo fare diversamente” aggiunge compiaciuta con un pizzico di malcelato orgoglio.
In effetti, ciò che stupisce, sfogliando la ricca rassegna stampa che copre mezzo secolo, è la perfetta concordanza di giudizio dei maggiori critici d’arte italiani sul valore dell’opera di Mary Morgillo.
“Nelle sue acqueforti, la Morgillo ha reso morbido e flessibile ciò che nell’arte incisoria è duro, inarticolato, rigido” prosegue Baglio.
“Ho realizzato circa quattrocento lastre, sa? Sul tornio in veranda c’è l’ultima. Ma non sono ancora stanca” afferma.
Quali sono i suoi soggetti preferiti, per le acqueforti e per i quadri?
“Quasi sempre soggetti di fantasia. Mi hanno accostata a Chagall perché anche io mi ispiro alla sua poetica fatta di colori tenui e di atmosfere fiabesche, di figure sospese, di paesaggi nei quali tetti di case occidentali si confondono con le cupole d’oriente. Tutto nel mondo è bello perché può essere ricreato dall’arte”.
La Morgillo si affida spesso ai ricordi d’infanzia e alla nostalgia per raccontarci la forza primordiale di un paesaggio scandito da luci e ombre, la trepida gioia di un incontro romantico, la solitudine di un’isola perduta tra cielo e mare. Nelle sue composizioni ricorre spesso la costruzione del luogo abitato. Nell’architettura, che a parere di esperti è la sintesi di tutte le arti, la casa è stata nella storia il primo elemento fabbricato; ma non è solo lo spazio fisico costruito e abitato dagli esseri umani.
“Ho studiato e continuo a studiare l’architettura di tutta Europa. Le case cantano perché sono opera dell’uomo. Basti guardare i frontoni, le facciate delle abitazioni olandesi, le facciate: ci parlano, comunicano la loro storia”.
Uscirà a breve un libro con alcune poesie di Baglio abbinate ai dipinti della Morgillo.
“È un connubio che è sempre esistito, quello tra immagine e parola” afferma Baglio che da molti anni “racconta” con i suoi versi le visioni fiabesche della sua amica. “Diceva Plutarco che la pittura è poesia silenziosa, mentre la poesia è pittura che parla, e io la penso come lui” aggiunge.
Intanto la Morgillo sfoglia le bozze del volume, ne è fiera e non lo nasconde.
“Non vedo l’ora che il loro libro vada in stampa. Sono orgogliosa dei versi di Lillo, completano i miei dipinti. Il che non è poco. Lui è bravo come Garcia Lorca”, esclama ad alta voce sotto gli occhi di un imbarazzato Baglio.
“Dei due è lei quella unica, e lo sa bene” dice.
Mary finisce di bere il suo caffè, lo guarda e sorride.
La complicità intellettuale fra queste due anime generose e sensibili sembra non finire mai…