La “Quarantana” a Giaveno
Le litografie di Francesco Gonin per i Promessi Sposi riprodotte in 16 murales su edifici del centro storico
di Alberto Tessa
La gente raffinata, quella di un certo livello, lo chiama Gonèn, alla francese, come in effetti sarebbe più corretto, ma i giavenesi da 140 anni a questa parte in maniera più ruspante ma pure affettuosa, lo pronunciano così come si scrive: Gonin.
Il celebre pittore e scenografo ottocentesco Francesco Gonin è infatti una presenza familiare per il capoluogo della Val Sangone dal 1877, anno in cui decise di ritirarsi nella pace e nella serenità offerte da Villa Marsili, sobrio edificio di proprietà della seconda moglie Angela Marsili, situato nella periferica borgata Buffa, a un paio di chilometri dalla Collegiata di San Lorenzo Martire che è il cuore pulsante di Giaveno. Gonin aveva all’epoca quasi settant’anni ma, sebbene i suoi impegni lavorativi si fossero diradati rispetto al passato, si guardò bene dall’andare definitivamente in pensione. Molto numerose furono infatti le opere che l’anziano Francesco lasciò in eredità alla comunità giavenese nei dodici anni che precedettero la sua morte, avvenuta il 14 settembre 1889, a quasi 81 anni di età.
Recentemente, Giaveno ha deciso di omaggiare questa figura di eccezionale artista con un’iniziativa sorprendente e grandiosa, denominata, non a caso, “Omaggio a Gonin”: i proprietari di alcuni immobili del centro storico (antichi ma non vincolati dalla Soprintendenza), raccoltisi in un’associazione creata ad hoc (la P.I.C.S.), si sono infatti autotassati per
realizzare, sulle facciate dei propri palazzi, 16 murales che riproducono le illustrazioni che il medesimo Gonin realizzò per l’edizione de I Promessi Sposi pubblicata nel 1840, la cosiddetta “Quarantana”. In via Re Umberto I, in piazza Ruffinatti, in piazza Sclopis e in altre vie limitrofe sono dunque comparsi Renzo e Lucia, Fra’ Cristoforo, la Monaca di Monza, don Abbondio, don Rodrigo, l’Innominato e altri personaggi che abbiamo imparato a conoscere sui banchi del liceo. “La tecnica utilizzata non è stata quella dell’affresco”, spiegano Chiara Chiaudano, Ingrid Zaffiri e Paola Galliano, le restauratrici-pittrici che hanno materialmente riprodotto le litografie di Gonin. “I disegni sono stati realizzati a secco con materiali speciali che ne garantiranno una lunga durata nel tempo e una buona resistenza agli agenti atmosferici; non sussiste dunque il rischio che le opere possano svanire nel giro di una ventina di anni o poco più”.
Le opere, inoltre, non sono state realizzate direttamente sui muri dei palazzi, bensì su una superficie leggermente rialzata, costruita con materiali appositi e che ha la funzione, oltre a quella di uniformare il piano su cui si è disegnato, anche di isolare i medesimi disegni dal resto dell’edificio che, in futuro, potrà essere eventualmente ristrutturato senza mettere a repentaglio l’opera pittorica.
Il progetto è partito nel maggio scorso e si è felicemente concluso a ottobre e non è detto che in futuro altri proprietari di immobili del centro storico non si decidano a ospitare sulle facciate altre riproduzioni delle litografie di Gonin.
L’“Omaggio a Gonin” è stato interamente finanziato dai proprietari degli immobili interessati, con il sostegno economico del Lions Club Giaveno-Val Sangone e delle ditte Casile, Sikkens e ponteggi Minnella e con il supporto “burocratico” del Comune. “Il nostro obiettivo non è stato e non è soltanto quello di attirare visitatori e curiosi a Giaveno, ma pure quello di invitare i ragazzi delle scuole superiori a spostare, qualche volta, la lezione dell’ora di Letteratura italiana per le vie del nostro centro storico, dove sarebbero veramente circondati dai personaggi de I Promessi Sposi. Arte e Letteratura insieme penso che sarebbero un magico connubio per i loro studi” spiega il presidente dell’associazione P.I.C.S. Marco Marinello, stimato medico giavenese.
Ma è ancora un altro medico di Giaveno il custode della memoria (e di alcune opere straordinarie) di Francesco Gonin: Luigi Donetto, infatti, vive letteralmente sotto un affresco dell’artista, per la precisione in un appartamento ricavato in quella che un tempo fu Casa Gerardi, un edificio su tre livelli immerso in uno splendido parco-frutteto nell’odierna via Maria Ausiliatrice che una volta si chiamava via Alle Fabbriche. Il palazzo fu fatto costruire nella seconda metà dell’Ottocento dal notaio Severino Gerardi che vi abitò con la moglie Maria Luisa (o Maria Luigia) Ostorero. Grande amico di Gonin, Gerardi si fece affrescare da lui ben tre ambienti: la camera nuziale (che ora è il salotto) e due saloni.
L’affresco che sovrasta quella che un tempo era la camera da letto è un trionfo di fiori colorati, delimitati agli angoli dai monogrammi degli sposi (SG e MLO) e recante al centro il cosiddetto nodo nuziale. “Gli altri due saloni, invece, rappresentano rispettivamente le Arti e le Scienze e le Quattro Stagioni”, spiega Luigi Donetto. “Le stagioni tuttavia non sono, come spesso accade, personificate, bensì sono rappresentate da quattro paesaggi in gran parte immaginati dall’artista, anche se in almeno un riquadro si riconosce l’arco posto fra piazza Sclopis e via San Rocco, qui a Giaveno, benché sia circondato da edifici che giavenesi, invece, non sono affatto”.
Il fortunato inquilino di Casa Gerardi è inoltre un grande conoscitore di un’altra opera di Gonin, forse realizzata con l’aiuto del figlio Guido: gli affreschi della volta della cappella di Santa Teresa d’Avila, a Cascina Ughetto, piccola e antica borgata al confine fra i comuni di Giaveno e Trana, ma già sotto l’amministrazione tranese. “Soltanto nel 1970, grazie a un’intuizione di un maestro elementare del paese, Emilio Brigato, si attribuirono gli affreschi della cappella a Gonin”, spiega Donetto. “Allora, partì un’opera di ricerca, durata molti anni, finalizzata a rintracciare tutti i proprietari del luogo sacro e degli edifici limitrofi che cedettero le loro parti al Comune di Trana, il quale avviò il restauro della cappella di Santa Teresa nel luglio del 2000”.
Altri affreschi di Gonin sono conservati nella già citata Villa Marsili: un trionfo di puttini e angeli fa pensare che Francesco intendesse esaltare il nome della proprietaria e sua seconda moglie, Angela, appunto.
Fra le tante certezze che caratterizzano i dodici anni giavenesi di Gonin vi è un unico mistero: dov’è finito il suo corpo? “Nel 1889 Francesco Gonin fu sepolto nel cimitero retrostante alla cappella di San Sebastiano in Ruata Fasella”, conclude Donetto. “Quindici anni dopo, tuttavia, il Comune costruì l’attuale cimitero del capoluogo. Alcuni defunti furono traslati ma di altri, i cui famigliari non vollero o non poterono interessarsi, si sono perse le tracce. Gonin fu fra questi ultimi: quel che restava della sua famiglia si era infatti da tempo trasferito in Francia. La lapide che ne ricorda la figura fu spostata e si trova ancora oggi all’ingresso del cimitero ma il corpo, secondo me, o finì in un ossario oppure è ancora lì sotto”.