Sacerdote, educatore e rugbista, Don Andrea Bonsignori dirige una scuola in cui “paritario” significa davvero “alla pari”
di Michela Damasco
Ci divertiamo, e se ti diverti, puoi anche fare del bene”.
Facile, a dirsi. Eppure, chiacchierando con lui, sembra facile davvero. Andrea Bonsignori è pilone del Moncalieri Rubgy, in campo fa parte cioè della prima linea del pacchetto di mischia. Da quattro anni è il direttore della scuola paritaria rimaria e secondaria di I grado “San Giuseppe Cottolengo” a Torino. Ovvero, una delle tante dimostrazioni viventi di quanto gli stereotipi siano idee dure a morire, perché a vederlo non diresti mai che è prete dal 2000: capelli lunghi legati, jeans, maglione, scarpe da ginnastica, un’affabilità in grado di metterti immediatamente a tuo agio. “Ho studiato, oltre ovviamente a teologia, anche pedagogia, in particolare con i disabili. Sono stato un anno a Pinerolo, uno a Torino, cinque a Roma e poi qui a scuola”.
Racconta la propria storia di lavoro a stretto contatto coi più deboli nel suo ufficio, mentre nel resto delle aule si svolgono le lezioni. Dal suo arrivo a dirigere la scuola nel cuore del quartiere più multietnico di Torino il numero di allievi è più che raddoppiato, arrivando a circa 270. “La nostra scuola ha il numero più alto di studenti disabili in Piemonte, considerando che ne abbiamo il massimo previsto dalla legge, due per sezione. La loro presenza è educativa al massimo”. Non male come messaggio, quando da mesi tiene banco, tra i tagli alla scuola, la riduzione degli organici per gli insegnanti di sostegno ai disabili.
Lo stile è della scuola è improntato al “ritorno alla realtà e alla normalità”. Una realtà fatta di disabili e di persone che non parlano la nostra lingua e sono espressione di altre culture. Eppure, tutto resta relativo: la scuola del Cottolengo, infatti, conta il 25% di studenti stranieri: “La maggioranza è di origine latino-americana, ma ci sono anche alunni musulmani e ogni classe è gemellata con una sala del Cottolengo”. L’ora di religione è un confronto tra credo diversi, alla Messa di Natale partecipano tutti, ma la religione di ognuno è rispettata.
Viene da chiedersi come sia possibile tutto questo in una scuola paritaria in piena Porta Palazzo. Semplice: il motto è “ognuno secondo le sue possibilità”. La retta mensile è di circa 230 euro, comprensiva di mensa e servizi, ma solo il 30% la paga tutta in una volta, il 60% non la paga intera e il 10% dei ragazzi frequenta la scuola gratis. Il bilancio annuale è però di quasi 900.000 euro: “Trattandosi di scuola paritaria, il 30% arriva dalloStato, più o meno con un anno di ritardo, poi ci sono le rette provenienti dalle famiglie, ma 250.000 euro ogni anno se non di più, arrivano dalla Divina Provvidenza”. Il che vuol dire sponsor piccoli e grandi, aiuti di diverso tipo: “La nostra realtà è fatta di gente brava e generosa”. Una commissione esterna è incaricata di valutare i redditi delle famiglie che fanno richiesta di iscrizione e la retta viene tarata in base alle possibilità di ognuno: c’è chi paga a rate, chi una somma simbolica, chi niente.
Nella scuola lavorano 43 operatori, più i volontari come quelli della “Comunità Tipi Loschi”, il cui nome è lo stesso del gruppo creato negli anni Venti da Piergiorgio Frassati: studenti universitari che in cambio di vitto e alloggio prestano qualche ora di servizio all’interno della scuola. “Alcuni di loro mi hanno seguito da Roma” aggiunge Don Andrea.
Il suo look sportivo si sposa benissimo, però, non solo col modo di fare, ma anche con le sue passioni e con una parte importante delle attività extrascolastiche, oltre alle lezioni previste ogni giorno dalle 8 alle 16. Numerosi sono infatti i laboratori, aperti anche ai ragazzi della stessa fascia d’età che non frequentano lo scuola: dal doposcuola al teatro, dal giornalino (nato a febbraio) e produzione video alla rieducazione equestre, passando per corsi di percussioni, computer e musica. E poi, lo sport, piatto forte di don Andrea, che lo pratica da anni: “Per anni ho giocato a calcio, anche perché lì c’è la possibilità di avere un rimborso, ma sono un grande appassionato di rugby e quando si è presentata l’occasione ho cominciato a praticarlo”.
Uno dei piatti forti anche della scuola, per via dell’associazione sportiva GiuCo ’97, che vanta una squadra di calcio nel campionato CSI a 11, più le giovanili, ovviamente: il rugby under 16, 14, 10 e 6. Ma non mancani i balli latinoamericani e da quest’anno anche pallacanestro e pallavolo. Il principio è sempre lo stesso: tutti sono uguali. L’obiettivo è partecipare a campionati “normali” in base all’età e non alla condizione – il che non è scontato, considerando il numero di atleti disabili: “Fino all’under 14 del rugby, gli allenatori stanno in campo assieme ai ragazzi. Io, ad esempio, gioco con un ragazzino autistico – spiega sorridendo il direttore, che nel frattempo riconosce dietro il vetro della porta uno dei due insegnanti di educazione fisica, Adriano Moro, e loinvita a entrare, aggiungendo di aver voluto “personaggi di un certo spicco come lui” nella scuola. Il costo è di 50 euro all’anno, irrisorio se si pensa alle cifre chieste dalle società sportive, ma la logica resta la medesima: paga solo chi può. Gli insegnanti, coadiuvati da volontari, partecipano attivamente, ma su base volontaria, oltre l’orario di lavoro: “Le attività extrascolastiche cominciano dopo le 16, l’insegnante accompagna gli alunni direttamente al campo di allenamento e in questo modo si cerca anche di venire incontro alle esigenze di famiglie che non avrebbero la possibilità di accompagnare i figli”. Il risultato sono oltre 140 iscritti solo ai laboratori sportivi.
Raccontato da don Andrea, tutto questo sembra una quisquilia: “La società di oggi ti proibisce quasi di fare del bene. Noi ci proviamo”. La sua giornata comincia alle 5 e mezza del mattino: messa a Moncalieri alle 6, poi la scuola, rientro nella Piccola Casa del Cottolengo tra le 17 e le 18. E il tempo per giocare a rugby e dedicarsi alla musica: “Suono la chitarra in un gruppo, la Pankalieri Band, scrivo i testi e canto. Abbiamo anche fatto delle cover, e con i soldi guadagnati abbiamo messo su l’aula di musica qui a scuola”. Già, perché “siamo sempre lì a racimolare, aggiunge col sorriso, per fortuna c’è chi ci aiuta, come una ditta di Moncalieri che ci fornisce gratuitamente i palloni”. Il sistema, comunque, funziona: la scuola costituisce il serbatoio di tutto, ma non è unidirezionale, e la GiuCo adesso si autoregge.
Il concetto di inclusione è fondamentale: basti pensare che nel “Pagella Day” di incontro con le famiglie, alle pagelle classiche si affiancano quelle formative, e intervengono anche, con i propri giudizi sugli alunni, ad esempio, il bidello o la signora delle pulizie.
Un microcosmo a pochi passi dal brulicante mercato all’aperto più grande d’Europa, che in quattro anni di strada ne ha fatta parecchia. Guai però a complimentarsi con don Andrea: “Io non ho fatto nulla, sono un manovale della Provvidenza, è Lei a guidare la scuola”…
2010