Un’immigrata piemontese protagonista delle lotte ruralI nell’Argentina del primo Novecento
di Sofia Vallania
Nella seconda metà del XIX secolo si diffuse in Argentina un modello economico di grandi implicazioni socio-economiche per il Paese, chiamato Modello agro-esportatore. In questo modello prese l’avvio l’attività agricola su larga scala i cui eccedenti d’esportazione fornirono la domanda alimentare e di materie prime d’Europa. Sulla base delle grandi dimensioni delle sue esportazioni, l’Argentina, “il granaio del mondo”, riuscì ad avere un posto di primo piano nell’ordine internazionale, divenendo agli inizi del XX secolo la settima economia globale.
Fino al 1870 l’Argentina si contraddistingueva per il suo vasto territorio scarsamente popolato. L’attività agricola e zootecnica serviva solo a soddisfare il fabbisogno locale. Nelle zone rurali esistevano due ceti sociali ben definiti: da un lato l’aristocrazia possidente, dall’altro una popolazione contadina che sprofondava pesantemente nella povertà.
Questo quadro venne a mutare decisamente con l’arrivo nel 1870 delle ondate immigratorie europee, che rappresentavano nel 1914 il 30% dell’intera popolazione del paese. Gli immigranti europei, per la maggior parte d’origine italiana, vedevano in questo Paese un’occasione di progresso economico e di ascesa sociale sulla base delle politiche promosse dal governo. Per il settore dei proprietari terrieri la nuova concezione culturale dell’immigrante fu una vera rivoluzione delle strutture quasi feudali, residui degli antichi modelli della colonizzazione spagnola, ancor presenti nelle zone rurali in quell’epoca. Questo scontro culturale si ripercosse nelle lotte per migliorare i termini dei contratti di locazione rurale.
A tal proposito, il 25 giugno 1912 nella località di Alcorta, provincia di Santa Fe, ebbe luogo uno dei più importanti avvenimenti della storia agraria del Paese: la sommossa rurale chiamata “El grito de Alcorta” (il grido di Alcorta). Questa manifestazione di rivendicazione agraria fu capeggiata da agricoltori immigrati, la maggior parte dei quali piemontesi. I coloni protestavano contro i soprusi che subivano dai proprietari terrieri, i quali imponevano dei contratti usurai sui terreni agricoli in locazione.
Questa importante rivendicazione ebbe conseguenze fondamentali per la storia agraria argentina poiché significò l’irruzione dei chacareros (piccoli imprenditori agricoli) nella politica nazionale del XX secolo, comportando la nascita della Federación Agraria Argentina (Confederazione Argentina Agricoltori) quale primo ente di organizzazione sindacale in questo settore.
Si potrebbe argomentare che elementi della “mentalità piemontese” contribuirono allo sviluppo della rivolta rurale. Non solo i valori e tradizioni apportati dagli immigrati piemontesi, ma anche il ruolo determinante assunto da una donna piemontese, Maria Robotti.
Le più recenti ricerche attuate presso l’Archivo Histórico de la Inmigración Piamontesadi Córdoba in riferimento alla sopravvivenza della cultura piemontese, indicano che i figli degli immigrati nati in Argentina conservano gran parte di quel patrimonio, espresso in valori quali l’ideale di mobilità sociale sulla base della cultura del lavoro e del risparmio, il valore della parola data, l’ottimizzazione delle risorse e la conservazione della tradizione culturale, attuata tramite i processi di endoculturazione. Ognuno di questi valori ha influenzato fortemente il profilo caratteriale e la predisposizione degli immigrati piemontesi, che investivano e reinvestivano i propri risparmi per le attività agricole e produttive, una concezione di progresso che andava contro la consuetudine immobilista degli abitanti locali, possidenti o contadini che fossero. Gli immigrati piemontesi avevano invece un atteggiamento intraprendente, derivante dall’influenza della rivoluzione francese e di quella industriale, e che permise loro di passare in molti casi dalla condizione di locatari a quella di proprietari, vale a dire di progredire nelle loro condizioni socio-economiche.
Questa legittima aspirazione di mobilità sociale, che nel futuro condurrà gli immigrati e i loro figli a costituire il ceto medio argentino, li spinse a organizzarsi per modificare le antiche strutture socio-economiche rurali.
Ad Alcorta, nel 1912, i proprietari terrieri stabilirono delle clausole vessatorie sui contratti di locazione rurale: gli affittuari non soltanto dovevano pagare canoni esosi, ma erano anche obbligati ad acquistare provviste e attrezzature dai proprietari e a vendere loro il raccolto a prezzi inferiori a quelli di mercato. Allora un gruppo di coloni agricoltori capeggiati da Francesco Bulzani incominciò a riunirsi per dibattere sulle condizioni di contrattazione che dovevano essere modificate.
Nonostante le numerose riunioni, non si prese la decisione definitiva di scioperare, e a questo punto giocò un ruolo chiave Maria Robotti. Nata nel 1887 nella provincia di Alessandria, Maria era emigrata in Argentina ancora bambina, poi aveva sposato lo stesso Bulzani, con cui aveva affittato terreni in un luogo chiamato “La Sepultura”. Fu appunto in questa chacra(tenuta) che si tennero riunioni per discutere le azioni di protesta. Assieme all’indignazione era forte anche il timore delle possibili rappresaglie da parte del governo e dei proprietari in caso di rivolta. Prima dello sciolgimento dell’ultima assemblea, Maria Robotti dinnanzi a tanta indecisione, buttò sul tavolo il grembiule esclamando: ”Se devo morire di fame lavorando, muoio di fame senza lavorare” e poi “ma non so voi, io da questo momento sono in sciopero”.
Il suo gesto ispirò e spinse gli uomini presenti ad aderire allo sciopero da lei iniziato e da quel momento più di trecento agricoltori locatari decisero di unirsi. La protesta rurale dilagò gradualmente su un territorio di oltre 250.000 chilometri quadrati, coinvolgendo centomila agricoltori.
Il coraggio e l’iniziativa di Maria Robotti innescò il processo di riscatto dei coloni nelle zone rurali argentine. L’eredità lasciata da questa lotta fu la nascita della Federación Agraria Argentina, l’organizzazione sindacale agraria che ancor oggi tutela i piccoli e medi produttori agricoli.
In omaggio al valore e determinazione di questa donna piemontese, il poeta José Pedroni la celebrò nei seguenti versi: “…Finché notte di sudore e terra / sola di solitudine, vuota, / con grembiule di pianto tra i denti, / in un grido desti il giorno.”
Questo articolo ha ricevuto una menzione alla VI edizione del Premio Piemonte Mese, Sezione Cultura, Storia e Ambiente, e l’autrice è dottoranda presso l’Università di Cordoba
Le immagini sono d’archivio e non si riferiscono direttamente all’argomento trattato dall’articolo