Se riesci, esci
di Marco Doddis
Un pomeriggio come tanti a Torino. Una passeggiata nel cuore di San Salvario, il quartiere più vivo della città. Una porta affacciata sulla strada, come ce ne sono tante in via Principe Tommaso.
È al di là di quella porta che si cela il mistero. INTRAPPOLA.TO recita l’insegna; anzi, le due insegne, perché le porticine sono due, semplici, essenziali, tutte nere, come se dietro si celasse un sex shop o una bisca clandestina. Se passi di là per caso e citofoni, non aprirà nessuno; se sei lì perché hai scelto di essere lì, allora sai anche che ti tocca inserire un codice nella pulsantiera e che la porta si sbloccherà. A quel punto, una volta entrato, non hai assolutamente idea dell’ambiente in cui ti trovi e delle sue dimensioni: sai solo che è quasi tutto buio e che hai un’ora esatta di tempo per uscirne.
Presentata così, la faccenda sembra la degna introduzione a un intricato romanzo giallo o a uno di quei film del terrore che, a metà visione, spingono a interrogarsi sulle cause freudiane del proprio masochismo.
In realtà si tratta di un semplice gioco, anzi del gioco più trendy del capoluogo sabaudo. Chi varca quella soglia misteriosa sa di trovarsi dentro una escape room, una camera (in realtà possono essere più di una) da cui, in qualche modo, bisogna uscire. Non si sa come, né in che direzione; gli unici elementi di cui il giocatore dispone sono il timer che scorre angosciante dietro i cristalli di un display sul muro, e i suoi compagni d’avventura, da uno a un massimo di cinque (non si può partecipare da soli). Il sito di Intrappola.To informa che “…nella cella troverete una serie di indizi che potrebbero aiutarvi a trovare le chiavi e a scoprire le combinazioni. Dovrete risolvere degli enigmi e ricostruire i meccanismi ideati dal vostro aguzzino. Non perdete tempo, i minuti scorrono rapidi e al suono delle campane se sarete ancora nella stanza sarete accompagnati sul patibolo…”
Il concetto è chiaro: visto che si parla di trappole, aguzzini e patiboli, i partecipanti vengono messi un tantino sotto pressione. Ora, è logico che, dopo tanti mesi di esistenza e di sfrenato passaparola, chiunque entri sa che, alla fine dei conti, Intrappola.to è un posto affidabile. E che non c’è nessun boia pronto a fermare il conto alla rovescia. Tuttavia, siamo disposti a scommettere che qualche pioniere del gioco, qualche impavido della prima ora, privo della prospettiva di un lieto fine raccontatogli dall’amico, abbia potuto pensare male, o forse malissimo, sulla sua scelta. Tipo: “chi me l’ha fatto fare?” oppure “non è che qua ci sono dei sadici che mi vogliono torturare sul serio?”.
I sadici della situazione sono due normalissimi quarantenni: si chiamano Stefano Gnech e Daniele Massano. Sono loro gli ideatori della prima escape room torinese. Il primo è un ingegnere gestionale; il secondo, un uomo di marketing con esperienze nel giornalismo, che fa della creatività una ragione di vita. È proprio lui, Daniele, a condurci alla scoperta dei segreti della sua creatura. Innanzitutto, ci accoglie dal portone di un normale palazzo situato qualche metro più in là rispetto all’ingresso “ufficiale”; poi ci porta dietro le quinte, dove i burattinai tirano i fili. Al piano interrato di quel palazzo c’è la porta del retrobottega, l’accesso alla regìa di questo speciale Grande Fratello. “Retrobottega” non è un modo di dire: fino a poco tempo fa, nello stesso posto sorgeva una videoteca. Non è passato nemmeno un anno da quando i due soci hanno deciso di affittare quel negozio ormai vuoto, che portava in dote spazi piccoli ma funzionali e aveva nella posizione il suo punto di forza: a San Salvario l’afflusso di giovani era garantito. Inoltre – particolare non trascurabile – si trovava a due passi dalle abitazioni di Stefano e Daniele.
Nell’angusto ambiente dove prima si accatastavano dvd ci sono ora un computer, qualche scartoffia, i monitor di controllo che spiano l’interno delle due room.
E il citofono. Il citofono è fondamentale nel gioco, perché i due sadici, che poi non sono così cattivi, hanno deciso di dare la possibilità ai partecipanti di comunicare con il Demiurgo di turno, colui, cioè, che deve seguire lo svolgimento del gioco da un aldilà ignoto ai partecipanti. Si assicura che tutto proceda senza intoppi e che nessuno si senta male; in più, offre degli aiuti occasionali se capisce che i giocatori si sono arenati e li accoglie alla fine per commentare con loro l’andamento dell’esperienza, scattando la foto ricordo.
Mentre il regista di quel momento, Roberto, è impegnato a tenere a bada un gruppo di scatenati adolescenti ntrappolati nella Extended Room, Daniele ci apre in esclusiva le porte della Classic Room. La visione è quella di uno scantinato fatiscente, con strani giochi e marchingegni sparsi qua e là. Nonostante l’ambiente sia davvero minimale, ci sono circa cinquanta rompicapo da scoprire e risolvere. Ogni buco nel muro, ogni lucchetto, ogni serratura, ogni fessura nel pavimento possono nascondere elementi utili alla risoluzione degli enigmi. Le stanze sono volutamente spoglie e fredde: sono state, cioè, sottoposte a una sorta di restauro peggiorativo, visto che il precedente negozio era in buone condizioni strutturali. Il tutto allo scopo di conferire un’impronta ancor più inquietante all’ambiente. Daniele rivendica l’originalità della scelta, evidenziando come “le altre escape rooms italiane sono molto diverse, avendo spesso una caratteristica tematica che può ricordare un’avventura in mondi lontani, per esempio la fuga da una piramide egizia. Noi invece abbiamo rifiutato ogni decorazione, per concentrarci sugli enigmi”.
L’ispirazione è venuta da stanze analoghe presenti all’estero: soprattutto nell’Europa dell’est, in paesi come Romania e Ungheria, ce ne sono moltissime. E poi, “volevamo creare un’attività reale, di aggregazione, nella quale si usi il cervello più di quanto si faccia abitualmente”. In effetti, in un’epoca in cui la dimensione ludica è sempre più individualizzata e digitalizzata, l’idea appare controcorrente. E quello che va controcorrente, proprio per la sua originalità, spesso riesce a colpire nel segno. Intrappola.To rientra in questa casistica: il suo successo è straordinario, per le caratteristiche di imprevedibilità e rapidità.
A proposito di marketing, rischiamo di trovarci di fronte a un caso di studio, perché: non è stata fatta pubblicità, nemmeno sui social network e nemmeno all’inizio; si riscontra un’importanza decisiva del passaparola (sì, nel 2015, può ancora accadere, anche in una metropoli); l’unica forma di promozione è legata al giornale Cronacaqui, su cui vengono pubblicate le classifiche dei partecipanti in un dato periodo, con tanto di foto di gruppo e di percentuale di risoluzione degli enigmi; gli unici elementi digitalsono la pagina Facebook, continuamente aggiornata, e una buona scelta in chiave di posizionamento sui motori di ricerca (nell’URL del sito, accanto a Intrappola.To, c’è scritto Cosa Fare Torino. Si tratta di parole chiave molto utilizzate da chi fa una ricerca online). Tuttavia, nemmeno la somma di questi elementi può spiegare i risultati ottenuti, e snocciolati con un certo orgoglio da Daniele: “Ci sono centinaia di prenotazioni in attesa, tanto che siamo costretti a rimanere aperti tutti i giorni, dalle nove del mattino alle tre di notte, facendo ruotare cinque ragazzi che lavorano con noi. Se si vuole giocare nella fascia serale di un giorno del weekend, non c’è posto per i prossimi due mesi. Inoltre, siamo primi nella classifica di TripAdvisor tra i divertimenti a Torino”.
Andando a verificare, i fatti sono ancora più sbalorditivi di come vengono raccontati. È vero che Intrappola.To è al primo posto nella sezione “Giochi e divertimento a Torino”. Primo su dieci: un buon risultato per un’attività inaugurata nel settembre scorso (e i primi due mesi sono serviti solo a fare un test di tutti i i giochi). Tuttavia, la classifica di TripAdvisor (aggiornata all’aprile 2015) davvero sbalorditiva è un’altra: se si clicca nella più generale sezione “Attrazioni a Torino”, ci si trova davanti una lista di ben 321 elementi. Primo posto: Stadio Juventus; secondo posto: Museo Nazionale del Cinema. Bene, sapete chi occupa la terza piazza? Proprio loro, i sadici di Intrappola.To, Terzi su 321! Tanto per dire: dopo, nell’ordine, vengono elencati il Museo dell’Automobile, il Santuario della Consolata, Piazza San Carlo, il Museo Egizio, Piazza Castello e la Mole Antonelliana. Ciò non significa, naturalmente, che Intrappola.To sia più noto della Mole o accolga più visitatori del Museo Egizio. Vuol dire che ottiene delle valutazioni in media più elevate.
Il successo, è ovvio, spinge ad ampliare gli orizzonti: “Siamo pronti ad aprire a Milano, con cinque stanze, e a Roma, con otto stanze”.
Come spiega Daniele un boom del genere? “Il gioco è molto coinvolgente e può essere fatto da persone di qualsiasi età e lingua. In più, stimola tutte le abilità e fa giocare tutti gli elementi del gruppo. Si può essere al massimo in sei, ma per quello che ho visto il gruppo ideale è composto da quattro persone. Comunque, il prezzo rimane sempre lo stesso: 60 euro”. Gli chiediamo anche se ci sono delle controindicazioni per partecipare o se si può interrompere anzitempo il gioco. ”Nessuna controindicazione. In qualsiasi momento è possibile uscire e abbandonare. Per ora nessuno lo ha fatto. Hanno partecipato gruppi di diversamente abili, anziani e donne incinte. C’è stato persino chi soffriva di forme di claustrofobia”.
Mentre Daniele parla, giungono schiamazzi sempre più rumorosi dalla Extended Room. I ragazzi si stanno divertendo (“i ragazzi in genere sono innocui”, spiega Roberto osservando il monitor. “Sono gli adulti i più invasati: una volta un signore, per staccare un lucchetto, ha tirato via dal muro la vite su cui era sistemato. Per questo abbiamo dovuto tassellare tutto. Un gruppo, poi, stava per tirare giù il soffitto”), ma non riescono a venire a capo di molti giochi. Per Daniele, in realtà “più che i giochi, è la situazione in sé a essere difficile. Tanto è vero che in tutti questi mesi solo un gruppo è riuscito nell’impresa di uscire. Intendo al primo colpo, visto che poi la gente torna. E spesso ce la fa”.
Daniele ci congeda con un sorriso mentre il timer della Extended Room si avvicina allo 00:00. Allo scoccare dell’attimo finale Roberto spegne tutte le luci, sparando un’ultima scarica di adrenalina nel gruppo. Poi apre la porta che i partecipanti avrebbero dovuto sbloccare e dà il benvenuto ai ragazzi. Sono tutti su di giri, raggianti per l’ora appena trascorsa. Torneranno, lo dicono chiaramente. Perché troppo forte è il desiderio di rivivere quella esperienza, di divertirsi di nuovo insieme in una stanza nel cuore di Torino. Soprattutto, in ciascuno, è troppo forte il desidero di aprire quella porta che, per sessanta lunghi minuti, lo ha IntrappolaTo.