In una mostra diffusa la preziosa produzione figurativa di Alessandria nei secoli del suo massimo splendore
4 dicembre 2018 – 5 maggio 2019
Alessandria, Palazzo del Monferrato
a cura di Irene Sibona
Per la media italiana, dove la maggior parte delle città di una certa importanza ha origini romane o anche antecedenti, Alessandria è quasi una giovanotta: la data ufficiale di fondazione è il 1168, anche se non si tratta di una costruzione dal nulla, ma della formalizzazione dell’unione di insediamenti preesistenti nel territorio di confluenza di Bormida e Tanaro. Siamo in piena epoca dei Comuni, e infatti la città è fondata dalla Lega Lombarda in funziona anti-imperiale, per fare da baluardo contro Federico Barbarossa, dal cui principale e acerrimo nemico, papa Alessandro III, prende il nome. L’impresa riesce e Barbarossa rinuncia all’assedio – secondo la leggenda, grazie all’ingegno di Gagliaudo Aulari (e della sua povera vacca), e per conoscere tutti i dettagli basta (ri)leggere di Baudolino, quell’insieme di romanzo picaresco e raccolta di fonti e leggende che nel 2000 Umberto Eco dedicò alla sua città natale.
Per celebrare degnamente gli 850 anni di fondazione, il Comune e la Camera di Commercio di Alessandria hanno organizzato una serie di eventi celebrativi il principale dei quali è la mostra allestita a Palazzo Monferrato che propone una ricca selezione delle opere figurative – sculture lignee, tavole dipinte, oggetti di oreficeria – prodotte ad Alessandria e nel suo territorio nel periodo tra il Gotico e il Rinascimento, quando la città fu prima un importante Comune e poi parte delle terre dei Visconti, sempre snodo cruciale degli scambi e commerci tra la Lombardia e Genova.
La città seppe esprimere la propria prosperità anche in termini artistici e culturali e al culmine del suo splendore, tra il XV e XVI secolo, era ricca di edifici pregevoli e opere d’arte. Gran parte di quel patrimonio è andato perduto in seguito alle trasformazioni che cancellarono intere sezioni dell’abitato: come quelle volute dai Savoia, che nella prima metà del Settecento fecero costruire la Cittadella; e poi da Napoleone, che fece abbattere la cattedrale per far posto a una piazza d’armi. Quelle testimonianze sono scomparse o sono state inglobate nel tessuto urbano successivo; per questo la mostra è diffusa e alla sede espositiva principale si affianca un percorso, “Alessandria scolpita e dipinta”, che estende la visita ad altri beni artistici e architettonici: Palazzo Ghilini,le chiese di Santa Maria del Carmine, Santo Stefano e Santa Maria di
Castello, il Museo Civico di Palazzo Cuttica e le Sale d’Arte, la cattedrale di San Pietro, con possibilità di visite guidate. Inoltre, cartografie storiche guidano il visitatore nella lettura corretta dell’organizzazione del territorio in età sforzesca.
La mostra vuole portare all’attenzione del pubblico proprio il periodo in cui la posizione di Alessandria come porta tra l’area lombarda e quella genovese fa sì che l’arte locale sia influenzata da entrambe e talvolta giunga ad elaborare forme autonome, in particolar modo nel campo degli oggetti devozionali come i crocifissi.
Proprio i crocifissi sono al centro della prima delle tre sezioni in cui si articola la mostra. Le altre si concentrano su due diverse concezioni e raffigurazioni della Passione, rispettivamente appartenenti all’Oratorio della Pietà di Castellazzo Bormida e all’Oratorio dei Bianchi di Serravalle Scrivia. In tutto sono esposte quarantasei opere, per un totale di sessantaquattro pezzi (ciascun Compianto comprende otto sculture).
La mostra si apre con la preziosa Vierge ouvrante di Pozzolo Formigaro, opera renana del tardo Trecento, che documenta la circolazione di idee a largo raggio: una Madonna col Bambino che si apre per mostrare la prefigurazione del sacrificio di Gesù.
La prima sezione si intitola Il senso della natura alla frontiera del gotico. È dedicata al “naturalismo lineare”, una modalità intensa ed elegante di rappresentare le passioni, ben espressa nei crocifissi ligure-piemontesi di Bosco Marengo e di Priero, nel misconosciuto Cristo deposto di Ozzano o ancora nei deliziosi Angeli del Santuario della Verna in provincia di Arezzo, usciti da una bottega del Piemonte meridionale. Questo linguaggio si ammorbidisce dopo la metà del secolo grazie alla cultura tardogotica lombarda, ben rappresentata dal crocifisso del pavese Baldino da Surso, prestato da Palazzo Madama di Torino ma proveniente dall’abbazia di Sezzadio (dunque, una sorta di ritorno a casa) e soprattutto dal magnifico Ostensorio di Voghera, eccezionale prestito concesso dai Musei Civici del Castello a Milano.
Una forma strutturata al tramonto del Quattrocento è il titolo della seconda sezione, che evidenzia il passaggio verso opere con una forma più strutturata che si manifesta verso la fine del secolo. Ne sono capisaldi il Compianto di Castellazzo, al quale è dedicata un’intera sala; i poco noti Dolenti di San Paolo ad Asti, restaurati per l’occasione, il crocifisso di Masio, anch’esso fresco di restauro, e la superba Maddalena di Novi.
Il pittore alessandrino Giovanni Mazone, attivo soprattutto a Genova, è protagonista di questa grandiosa riconquista della forma, ben rappresentata dalla Crocifissionedella Pinacoteca di Savona e dalle tavole della Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria. Questi decenni vivono di aperture verso Pavia, Milano e Cremona evocate dalla splendida Croce del Duomo di Asti firmata dal cremonese Giovanni Antonio Feta, e dall’Adorazione dei Magi del Museo Borgogna di Vercelli, opera di Francesco Casellani proveniente da Vignale. Intorno al 1500 l’artista di riferimento in questa zona è Gandolfino da Roreto, di cui si presenta il notevole Trittico di Quargnento dopo il restauro finanziato dalla Consulta per i Beni Culturali dell’Alessandrino, mentre anche la sua Madonna di Palazzo Madama a Torino torna a casa, perché viene dal Duomo di Alessandria.
La terza sezione, Verso una nuova poetica degli affetti, racconta la coltivazione di una nuova capacità di rappresentare tensioni e sentimenti legata alla cultura leonardesca di cui è interprete, in particolar modo, Giovanni Angelo del Maino con la sua bottega. Una rivoluzione linguistica che trova fertile terreno nell’Alessandrino, dove si sviluppa un linguaggio originale, fortemente ispirato dalla bottega del Maino, che ha il suo vertice nelCompianto di Serravalle e nel potente Crocifisso di Ponzone.
Accanto ad alcune opere importanti di questo grande artista e della sua bottega, come le figure superstiti di una pala di Ponzone o la Madonna del Parto in San Dalmazzo ad Alessandria, figurano opere eccentriche come la Pietà fiamminga di Merana, confronti pittorici di decantata qualità – come la tavola di Pietro Grammorseo proveniente da San Francesco a Casale, recentemente acquistata dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria – e l’importante riscontro dell’urna marmorea di San Dalmazzo a Quargnento. Lo straordinario e generoso prestito di due porte intarsiate della Cattedrale di Savona permette inoltre di rappresentare la cultura prospettica lombarda, in cui primeggiarono i castelnovesi Ambrogio de Fornari e Giovan Michele Pantaleoni.
La mostra si conclude con un rilievo ligneo un tempo montato sulla macchina d’altare progettata da Giorgio Vasari per Santa Croce a Bosco Marengo, che chiude idealmente questo periodo e si apre verso nuove modalità espressive: un oggetto che ad Alessandria nessuno aveva più visto dal XIX secolo, quando era approdato a Palazzo Venezia a Roma, dove si trova tuttora.
Non mancano ovviamente le iniziative collegate, fra cui due cicli di seminari previsti per i primi mesi del 2019 e rivolti principalmente agli studenti e agli appassionati. Sono inoltre allo studio appositi strumenti informatici (una app dedicata, per esempio) per agevolare la visita alla mostra da parte di visitatori portatori di disabilità, con particolare riferimento ai non vedenti.
La mostra, curata da Fulvio Cervini, ordinario di Storia dell’Arte Medievale dell’Università di Firenze,è realizzata con la collaborazione della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Province di Alessandria, Asti e Cuneo, nonché delle Diocesi di Alessandria, Acqui Terme, Asti, Casale Monferrato, Mondovì, Tortona e dell’Arcidiocesi di Genova. Beneficia inoltre del sostegno della Regione Piemonte, della Consulta per i Beni Culturali dell’Alessandrino, delle due Fondazioni della Cassa di Risparmio di Alessandria e della Cassa di Risparmio di Asti, della Regione Piemonte, della Provincia di Alessandria e di Alexala. Sponsor della mostra sono alcune aziende private tra cui il Gruppo AMAG e la Guala Dispensing di Alessandria.
Palazzo Monferrato – Via San Lorenzo 21, Alessandria
Orario: Da martedì a venerdì ore 16-19, sabato e domenica ore 10-13, 16-19, lunedì chiuso
Biglietti: intero 5 euro, ridotto 3 euro. Convenzioni: Abbonamento Musei Torino Piemonte (dal 1 gennaio 2019)
Info: tel. 0131 313400, www.palazzomonferrato.it