“Magnetizzatori” e “donatisti” nella Torino ottocentesca
di Giuseppe Cornelli
Nell’ultimo decennio dell’Ottocento Torino è una città che deve ancora conoscere i grandi stravolgimenti socio-economici che la accompagneranno nel secolo successivo e si trova in una fase ibrida tra tradizione e modernità, un periodo di transizione da un’economia essenzialmente agricola a una industriale che tanto peso avrà negli anni a seguire.
In tale contesto non è inusuale il sorgere di professioni al limite di ciò che, oggi, considereremmo illegale, o almeno immorale. Già nel 1886, infatti, vanno per la maggiore le esibizioni di tale Donato (al secolo il belga Alfred Edouard d’Hont, ndr), di professione ipnotizzatore – o meglio “magnetizzatore” – che trovano un folto seguito di pubblico non solo tra i ceti meno abbienti, ma anche nell’allora élite torinese. A testimonianza dell’interesse e della curiosità condivise che egli desta si pensi che viene persino coniato il neologismo “donatizzare” quale sinonimo di ipnotizzare.
L’attenzione sul – presunto – ipnotizzatore è tale da attirare l’attenzione delle più alte cariche del neonato stato italiano: per ordine del Ministero dell’Interno, dietro pressioni dei gruppi cattolici, vengono vietate ulteriori esibizioni pubbliche di questo tipo.
Che questo non bastasse ad arrestare il fenomeno del “magnetismo” è testimoniato dal fatto che intellettuali e accademici dell’epoca, tra i quali spicca Cesare Lombroso, cominciano ad analizzare tale pratica in ottica scientifico-analitica. Dato il divieto imposto, gli ipnotizzatori – o meglio “magnetizzatori” e “donatizzatori” – iniziano ad agire nell’ombra, prestando i loro servigi in sedute private e a pagamento, per un ristretto numero di fidati clienti.
Ma cosa prevedevano le sedute di questi “magnetizzatori”? E perché moltissime persone richiedevano le loro prestazioni?
La risposta alla seconda domanda è facile. Al tempo non esistevano ancora anestetici chimici e le persone con problemi di salute, pur di non sottoporsi a primitive e barbariche operazioni chirurgiche di qualsivoglia tipologia, non esitavano a cercare metodi alternativi. In tali circostanze iciarlatani prosperano.
Trovare una risposta univoca al primo quesito, invece, non è così immediato: è proprio qui che si consolida la fama di Torino quale città esoterica. Le sedute di “magnetizzazione” prevedono, infatti, un iterche oggi riterremmo – per usare un eufemismo – stravagante: questi ipnotizzatori si avvalgono del potere di indurre una sorta di trancemistica in alcune donne, loro collaboratrici. Tale status, paragonabile ad un sonnambulismo semi-cosciente, permetterebbe loro di raggiungere nuovi confini della realtà e, in virtù di ciò, di renderle capaci di curare ogni tipo di male del quale il malcapitato cliente soffrirebbe.
Tralasciando le implicazioni di tipo etico, è indubbio che il potere dei “magnetizzatori”, grazie all’aiuto o complicità delle “sonnambule”, sia stato assai rilevante: si ipotizza che alcuni di essi abbiano “curato” migliaia di persone, con effetti riconosciuti positivi dagli stessi clienti.
Ovviamente tutto questo aveva un prezzo: un singolo trattamento con le “sonnambule” costava dalle 3 alle 5 lire (tra i 12 e i 22 euroattuali, circa), mentre il numero delle sedute necessarie a riscontrare effetti benefici variava in base alla gravità della patologia.
Tali attività continuarono per anni, tra (poco) scetticismo e un diffuso riconoscimento. Tuttavia a seguito della denuncia alle autorità locali da parte di due clienti insoddisfatte – tali Frugoni Rosa e Delevis Giuseppina – degli scarsissimi risultati ottenuti a fronte delle onerose spese sostenute, le miracolose capacità di “magnetizzatori” e “sonnambule” iniziarono ad essere messe in dubbio.
Dopo circa un anno di indagini, nel marzo 1890 alcune persone furono arrestate con l’accusa di truffa. iniziò così quello che passò alla storia come “Il processo alle sonnambule”.
In un clima quasi surreale, tra scienza e credenza, vennero ufficialmente mosse accuse a sedici persone, tra le quali anche un vero medico – tale Fortunato Brizio – reo di prescrivere, in modo legale data la sua professione, i rimedi consigliati dai magnetizzatori.
Il processo non fu solo il momento per giudicare gli accusati, ma presto si trasformò in un vero e proprio dibattito tra razionalità e misticismo, tra pensiero scientifico e fede nell’ignoto: furono chiamati a testimoniare sulla veridicità e buona fede di magnetizzatori e sonnambule molti esperti e letterati del tempo, tra cui lo stesso Lombroso.
Il punto focale del processo non era dimostrare o meno la colpevolezza degli accusati, quanto se i poteri di magnetizzatori e sonnambule potessero avere un fondamento di realtà: molti ne erano convinti, ritenendo che tali pratiche meritassero maggiore attenzione e riconoscimento.
Tuttavia, attenendosi ai fatti emersi dal processo, è difficile credere – anche per i meno scettici – che tali personaggi avessero poteri occulti di chiaroveggenza.
Fu chiaro sin da subito che i presunti magnetizzatori erano soliti prescrivere un numero di “trattamenti” decisamente più alto alle persone più abbienti; inoltre, le medicine e i rimedi prescritti ufficiosamente dai magnetizzatori, e ufficialmente dal Brizio, costavano molto di più delle comuni medicine di largo impiego.
Nonostante argomentazioni oggettive di questo tipo, fu difficile trovare largo consenso tra coloro che ritenevano tali personaggi degli imbroglioni: la maggior parte dei testimoni chiamati a deporre, infatti, affermò di aver avuto effetti benefici sulla propria salute a seguito dei trattamenti “magnetizzanti” delle “sonnambule”.
La sentenza, arrivata il 10 marzo 1890, non fu meno sorprendente: non venne preso in considerazione il reato di truffa, come inizialmente ipotizzato, in quanto “non incombe alla Corte risolvere la questione sull’esistenza e sugli effetti del sonnambulismo magnetico”. Inoltre gli studi di questi sedicenti guaritori venivano frequentati spontaneamente dai clienti, e richiedere i loro servigi era una libera scelta dei singoli soggetti. Insomma, chi è causa del suo mal…
Il “processo alle sonnambule”, terminato in appena dieci giorni, ebbe risonanza a livello europeo e internazionale: un altro tassello alla fama di Torino come città “magica”…
Questo articolo ha ricevuto una menzione alla XII edizione del Premio Piemonte Mese, sezione Cultura