Il Po e le sue terre nel Medio Evo, superstrada di culture fra Europa e Oriente
di Irene Sibona
L’undicesimo e il dodicesimo secolo sono cruciali per l’ampiezza e la portata dei loro mutamenti nell’arte come nella società, nell’espansione economica (agricoltura e commerci) come nella ricerca di nuove forme istituzionali (nascita dei Comuni), o come nel fenomeno delle crociate e, parallelamente, in quello dei pellegrinaggi destinato a segnare profondamente la società e la religiosità medioevali. Secoli di intense sperimentazioni nell’espressione artistica con la formazione e il consolidarsi di stili (romanico e gotico) che lasceranno impronta vivace e sviluppi ancora nei secoli successivi.
Secoli che registrano trasformazioni di particolare importanza dei fattori sociali, istituzionali ed economici: dalla profonda frattura socio-politica avviata nella seconda metà del IX secolo e proseguita per gran parte del secolo successivo e in un certo senso sanata, quella frattura, dalla politica imperiale degli Ottoni (I e II), è soprattutto l’inizio dell’XI secolo, grazie anche alla presenza di personaggi straordinari, a far intravvedere l’avvio di un nuovo ordine, di un nuovo millennio nel quale gli storici contemporanei (Rodolfo il Glabro e Tietmaro di Merseburgo, soprattutto), ipotizzano il formarsi di un mondo migliore. Verso la fine del secolo si delinea un più evoluto sistema di rapporti feudali che si caratterizza nelle forme poi permanenti ancora a lungo. Nel XII secolo, con la formazione dei Comuni, lo sviluppo della nuova cultura urbana, dell’attività commerciale e bancaria, della produzione artigianale, compaiono quelle forme di rapporti sociali che si svilupperanno nei secoli seguenti. Le grandi abbazie, benedettine prima e poi anche cistercensi, e le sedi episcopali sono i centri più importanti di produzione e di diffusione culturale e artistica. Entrambe in quel periodo possono infatti contare su vastissimi patrimoni fondiari, consistenti disponibilità finanziarie, poteri civili territoriali rilevanti. E godono del privilegio di essere, di fatto, le uniche strutture ben inserite in circuiti culturali internazionali.
Due secoli di straordinaria fioritura artistica nei quali la pianura padana si ripropone, ancora una volta, quale importante crociera fra mondi e culture diversi. Da un lato, infatti, conferma il suo ruolo di cerniera, confronto e mediazione fra il sud e il centro Europa; dall’altro, sviluppa il nuovo ruolo di percorso privilegiato tra l’Oriente e l’Occidente europeo. Il Po e le sue terre diventano una sorta di superstrada sulla quale l’arte e la cultura centroeuropee si immettono attraverso i valichi alpini piemontesi incrociandosi con quelle che, quasi risalendo la corrente del fiume, irrompono dalle sponde dell’Adriatico, dove è in pieno splendore la cultura bizantina.
Sono proprio il Po e le quasi parallele strade di grandi spostamenti medievali – la Via Francigena e la via Romea – a svolgere materialmente questa importante funzione. Il Po innanzitutto, in quanto il fiume è ancora, in quei due secoli, in gran parte navigabile ed è utilizzato per il trasporto di mercanzie; e poi perché è lo stesso fiume e dar vita alla più grande pianura italiana, con terre fertili e intensamente coltivate che sviluppano una economia privilegiata. Le strade medievali ne rappresentano il supporto e la logica articolazione sul territorio per traffici di ogni tipo: pellegrini, eserciti, artigiani, mercanti, uomini di cultura.
Il Po e le strade che ne accompagnano, a distanza più o meno ravvicinata, quasi l’intero percorso, vengono così ad assumere una funzione primaria non solo nell’economia, ma anche negli scambi culturali di un’area vastissima, proprio al centro dell’Europa medievale. E nella nascita e sviluppo di forme ed espressioni artistiche che, pur ricollegandosi alle grandi correnti dell’epoca, assumono catteristiche particolari lungo l’intero corso del fiume e delle strade medioevali. Non a caso, fra le diverse espressioni regionali in cui si sviluppa l’arte dell’XI e del XII secolo, gli storici individuano quelle del Romanico e del Gotico Padano, riconoscendo loro una uniforme ispirazione culturale e modi operativi ben riconoscibili e peculiari rispetto ad altre aree europee. Ad esempio, il Magister Nicholaus autore di splendide sculture – firmate – nel Portale dello Zodiaco della Sacra di San Michele, lavorerà anche nelle cattedrali di Piacenza e Ferrara; Benedetto Antelami porterà la sua grande arte dai cantieri emiliani di Parma e di Fidenza al Vercellese (la chiesa di Sant’Andrea a Vercelli, edificio cruciale per l’affermazione del gotico in Italia, è un richiamo diretto alle cattedrali che già da qualche decennio andavano segnando con la loro mole gotica le maggiori città europee, di Francia e Inghilterra soprattutto). La stessa ispirazione concettuale e artistica sarà alla base della costruzione delle abbazie piemontesi di Staffarda e di Casanova, e di quella di Chiaravalle della Colomba in Emilia. E continue saranno nel periodo le influenze dell’arte ottoniana, della Borgogna e dell’Aquitania, così come di quella bizantina, nell’area padana. Influenze e ispirazioni in un continuo scambio di dare e ricevere.
Le testimonianze sono ben visibili sia lungo la “strada di cultura” dei valichi alpini medioevali della valle di Susa; sia lungo il percorso verso e proprio del fiume.
Sulla prima troviamo le abbazie di Novalesa, rifondata proprio a cavallo del Mille, dopo l’abbandono a causa delle incursioni “saracene”; della Sacra di San Michele, fondata poco prima del Mille e il cui avvio di costruzione è da assegnare proprio all’inizio del nuovo millennio; di sant’Antonio di Ranverso, risalente all’ultimo ventennio del XII secolo e importante bene artistico, ma pure esempio straordinario e unico di comunità monastica impegnata nella cura dell’Herpez zoster o “fuoco di Sant’Antonio”; l’abbazia di Fruttuaria (oggi San Benigno Canavese), fondata nel 1003 dal grande abate Guglielmo da Volpiano. E due cattedrali: quella di Aosta, costruita all’inizio dell’XI secolo e restaurata in anni recenti, che reca importanti affreschi; e quella di Ivrea rifondata ab imo dal vescovo Warmondo nel Mille, con una splendida cripta anch’essa restaurata da qualche anno.
Lungo il corso del Po troviamo l’abbazia di Staffarda, della metà del XII secolo, importante esempio del gotico padano e straordinaria perché sostanzialmente integra, compreso il borgo agricolo annesso; e l’abbazia di Casanova, a Carmagnola, coeva, gotico cistercense con interventi barocchi. Cattedrale di Casale Monferrato (inizio XII sec., splendido nartace, mosaici, crocefisso medioevale). Fuori dal territorio piemontese, vanno ricordate le abbazie di Chiaravalle della Colomba ad Alseno (Piacenza), bella costruzione gotico-cistercense, e di Pomposa, nel Ferrarese, iniziata nell’VIII-IX secolo, ma trasformata nelle splendide linee attuali all’inizio dell’XI, uno dei monumenti più sinificativi dell’arte romanica. E il Duomo di Casale Monferrato, antica chiesa dedicata a Sant’Evasio, consacrato nel 1108, di linee gotico-romaniche e caratterizzato dal grandioso atrio, o nartece, precede le cinque navate della chiesa e non ha paragoni nell’architettura italiana per arditezza di costruzione: non solo per le dimensioni (15 metri di profondità, 26 di larghezza, ben 18 di altezza al sommo delle volte), ma perché la sua ispirazione pare assegnabile ad area mediorientale, forse armena, e potrebbe essere arrivata nel Casalese nella seconda metà del XII secolo al seguito delle suggestioni artistiche mediate dall’esperienza dei crociati, o aver mutuato elementi di cultura mozarabica attraverso esperienze già sviluppate circa un secolo prima dalla cultura araba stabilizzatasi nel Sud della Spagna.