Finalmente ha un volto l’autore delle installazioni fatte con materiali di recupero che danno un tocco di poesia a giardini e aiuole pubbliche.
intervista di Nico Ivaldi
Finalmente il colpevole è qui davanti a noi. Ha appena confessato. Non è minimamente pentito per quello che ha fatto; anzi, rivendica con orgoglio il proprio lavoro. È consapevole che, per merito delle sue creazioni, la città appare più romantica e poetica, ma questa aggravante non lo disturba. È la sua missione. E Torino, grata, ringrazia.
Eccolo qui Rodolfo Marasciuolo detto Rudy, dipendente del Comune di Torino, dove lavora per il settore Verde Pubblico. Ripara decespugliatori, tosaerba e motoseghe e nei momenti liberi crea le sue opere d’arte con materiali di riciclo: tubi, pezzi di lampadari, bastoni per le tende, pali dissuasori divelti, vestiti dismessi e vecchi oggetti casalinghi.
Opere che Marasciuolo dissemina per la città con l’obiettivo dichiarato, e riuscito, di sorprendere i passanti: ci è riuscito con i due lampioni abbracciati su una panchina, con il pescatore appisolato nel giardino roccioso del Valentino, con i piccoli animali in ferro che fanno capolino da piante e tombini in piazza Castello, con la fatina che innaffia un’aiuola fiorita davanti all’ingresso della stazione di Porta Susa.
Caschetto di capelli castani, occhi curiosi, Rudy non dimostra cinquantaquattro anni, forse anche per una naturale ritrosia che te lo fa apparire più giovane di quanto non sia.
Rudy, confessa: perché lo fai?
“L’obiettivo delle mie installazioni è quello di attirare l’attenzione delle persone che si avvicinano alle aiuole, dove ci sono i fiori. Perché il vero quadro sono i fiori. Troppo spesso attraversiamo fioriture, alberi, scorci di città e giardini senza più accorgerci delle meraviglie che abbiamo intorno a noi. Le mie installazioni sono soltanto la cornice. La vera bellezza è sempre la natura”.
Sarai anche un tipo schivo, come dici di essere, ma non mi dire che non ti fanno piacere gli apprezzamenti dei cittadini e delle cittadine quando si imbattono nelle tue creazioni o, meglio ancora, quando ti incrociano mentre stai lavorando.
“Sicuro che i complimenti mi fanno piacere, soprattutto se arrivano dalle donne, che hanno una maggiore sensibilità rispetto agli uomini, forse perché amano di più i fiori”.
L’installazione più apprezzata e forse più poetica di Marasciuolo è quella dei giardini Lamarmora, che i frequentatori hanno ribattezzato “Aspettando Godot”. C’è un uomo d’altri tempi in bombetta e baffi a manubrio che attende seduto su una panchina, con una rosa sfiorita in mano, circondato da farfalle, l’arrivo della persona amata. Il suo velocipede è parcheggiato poco più in là. Forse l’emozione lo ha fatto arrivare troppo in anticipo, ma nessuno può dire con esattezza quando arriverà la sua amata.
“Su questa mia opera, il cui significato ognuno è libero di interpretare, i passanti hanno depositato poesie bellissime, che ho conservato, sul tema dell’attesa”.
Poi, in un secondo momento, l’installazione è cambiata; lei è finalmente arrivata, e insieme i due si sono allontanati sulla stessa bicicletta. Sul sedile della panchina sono rimasti un libro, una rosa ed un cappello; sullo schienale le farfalle, testimoni silenziosi di una storia a lieto fine. La storia d’amore è finita qui?
“Non ancora”, precisa Rudy, generando una nuova attesa tra i suoi tanti estimatori. “Qualcosa accadrà ancora”. Magari i due ritorneranno con figli al seguito?
Un po’ falegnameria, un po’ officina, nel laboratorio nel quale conversiamo nascono le opere che andranno ad arredare le aiuole cittadine, restituendo nuova vita a oggetti abbandonati lungo le strade, nei parchi o scaraventate nei fiumi, come la bicicletta ripescata nel centro del letto della Dora. Anche alberi abbattuti, perché malati, riprendono vita in sculture di legno (come la giacca abbandonata sulla panchina, il turet, l’ombrello o la macchina fotografica) e poi ancora reti metalliche e ferro per citare solo alcuni tra i materiali rigorosamente riciclati.
Rudy gira per la città alla ricerca di qualsiasi oggetto utilizzabile, che poi accatasta nel suo laboratorio.
“Il lavoro più lungo è stato quello per costruire le farfalle di plastica: sono andato a recuperare i flaconi dello shampoo e del detersivo, rigorosamente bianchi, nei contenitori della raccolta differenziata e avviati allo smaltimento. Ottocento pezzi per costruire milleseicento farfalle, una sorta di esercizio zen!”
Rudy, dimmi la verità: ti senti un artista?
“No, assolutamente. Non è falsa modestia, la mia. Mi reputo più che altro una persona fortunatissima perché ho il privilegio di realizzare oggetti che vengono esposti nella mia città, che per me è il massimo”.
Non pensi di suscitare invidia negli artisti di professione?
“Lo so bene che molti pagherebbero per avere la fortuna che è toccata a me, un semplice giardiniere del Comune, pagato per abbellire le aiuole ”.
Sarai anche un giardiniere, ma il tuo lavoro è davvero speciale. E da quel che mi risulta, anche molto apprezzato dai responsabili del Settore Verde del Comune.
“Questo rispetto da parte del Comune me lo sono guadagnato gradualmente, perché ho dimostrato di saper lavorare con qualsiasi materiale e soprattutto di realizzare opere leggere e delicate, che non offendono nessuno. I miei colleghi mi consigliano dove collocarle e infatti gli oggetti vengono valorizzati dalla fioritura, dalla scelta cromatica dei colori dei fiori, dalla loro disposizione”.
Come nascono le tue installazioni?
“Nascono di getto, non c’è progettazione di alcun tipo. L’importante per me è avere i materiali, che trasformo in oggetti. Chi avrebbe mai pensato che da un portabiciclette sinistrato sarebbe nato un oggetto come quello che vedi?” (dice indicando un fiore in metallo “parcheggiato” momentaneamente nel laboratorio).
Perché fai installazioni solo nel centro storico? Non pensi anche alle periferie?
“In passato ho fatto qualcosa anche nel Parco Rignon, anzi veramente ho iniziato lì. Lavorare in centro è comodo per la vicinanza con il mio laboratorio, e nel caso in cui debba fare un controllo o una riparazione ci metto un attimo ad arrivare”.
Riparazioni?
“Atti di vandalismo, purtroppo ci sono anche quelli”.
Ti faccio una domanda che molti ti avrebbero voluto fare: perché non firmi le tue opere?
“Perché io non sono un privato, sono un dipendente comunale, i miei lavori sono espressione della mia città. Quello che faccio non lo faccio in nome mio, non mi appartiene, è anche tuo, è di tutti. Il mio pensiero dell’arte è proprio questo: creare qualcosa da condividere con gli altri, per regalare bellezza e armonia. Capisco chi fa arte e si fa pagare, è un lavoro. Per me è diverso”.
E comunque lo scorso maggio, nell’ambito della manifestazione “San Salvario cuore verde”. Rudy ha avuto un bel riconoscimento dal suo responsabile il quale, descrivendone le opere, ha scritto: “Tutto questo è ideazione ed opera di Rodolfo Marasciuolo, giardiniere della Città di Torino, in realtà artista nella lavorazione del legno e del ferro”.
Da dove nasce questa tua creatività incessante?
“Sono stato creativo fin da piccolo, come lo sono tutti i bambini se soltanto avessero attorno a sé un ambiente stimolante. I bambini dovrebbero usare le mani in continuazione, perché ogni volta che usi le mani affronti un problema. Se lo fa, un bambino esercita la mente e sviluppa una mente più aperta. La creatività è un bisogno per tutti. Nel mio caso ho trovato gli stimoli a casa, perché mio padre aveva un gran manualità, anche se non mi ha mai insegnato nulla, era di quelli che sosteneva che se una cosa ti piace farla, guarda e impara. Realizzavo statuine di legno durante l’orario di scuola, perché non sopportavo la costrizione di dover trascorrere obbligatoriamente ore e ore ascoltando qualcuno che spiegava cose che a me non interessavano”.E come è finita?
“Che sono stato bocciato! Il mio salto di qualità è avvenuto alle medie, dove finalmente qualcuno ha creduto in me. È successo quando l’insegnante di educazione artistica mi ha chiesto se poteva portare a casa sua un disegno che avevo fatto. Da quel momento la mia autostima è schizzata a mille e il mio rendimento scolastico è molto migliorato. Non ho trascorso un giorno della mia vita senza aver fatto nulla con le mani. Anche solo un disegno, uno schizzo. Ammetto di essere un caso patologico”.
Oggi come ti definiresti?
“Un autodidatta istintivo che sente la mancanza della formazione. Però ho compensato con una buona capacità di osservare le cose che mi circondano”.
Che cos’è per te l’arte, anche se non ti consideri un artista?
“Per me l’arte è sempre armonia e emozione. Quando realizzo un’installazione e capisco che ha trasmesso emozione, so di aver toccato le corde giuste, e questa per me è la massima gratificazione”.
L’opera d’arte più bella che hai visto negli ultimi tempi?
(Ride) “La cassiera di Artissima: un impasto perfetto di bellezza, eleganza, dolcezza. Era un insieme di cose meravigliose, e non scherzo”.
Servizio fotografico di Antonella Colletti